Mentality
Personal history
Sono Ghesh Harding e sono una "lucertola"... quando ero piccolo mio padre e mio fratello maggiore hanno cercato di convincermi che essere un discendente dei draghi fosse un onore, un segno, ma io non ci ho mai creduto.
Fino ad ora.
Sono cresciuto con mio padre e i miei fratelli in una città della Korvalia; abitavamo in una baracca e la nostra vita era modesta, forse non il migliore degli ambienti in cui crescere ma probabilmente c'era chi stava peggio di noi.
Ciò di cui sono sicuro invece è che nessuna famiglia era come la nostra: tre fratelli dalle fattezze draconiche ma figli di una coppia umana... forse troppo strana anche per mia madre, che dopo la nascita di Vrakazhar, mio fratello minore, è sparita nel nulla senza dire niente a nessuno e senza un motivo apparente che non fosse quello dello shock del momento, anche se non credo che possa esserci un motivo in grado di giustificare quell'azione.
Non ricordo granché di quel momento, come non ricordo molto di lei... nella mia mente ci sono solo vaghi ricordi sbiaditi che la riguardano.
Mi resi ben presto conto, a mie spese, della stranezza che rappresentavamo; gli occhi della gente erano sempre su di noi, ci fissavano, ci squadravano, erano diffidenti e, a differenza dei miei fratelli, da bambino non riuscii mai a sopportarli.
La mia infanzia passò così, avevo pochi amici e conoscenti con i quali non ero a disagio ma degli altri non mi importava, avevo pur sempre la mia famiglia, i miei fratelli... quando mi sembrò di cogliere negli occhi di mio padre lo stesso sguardo che mi riservavano le altre persone, però, decisi di fuggire di casa.
Non sapevo dove andare e continuai semplicemente a correre, fino a quando non mi ritrovai fuori dalla città, e poi ancora, senza una meta precisa.
Mi ritrovai davanti ad un tempio e, stanco per la corsa, mi sedei a terra vicino all'ingresso.
Dopo poco mi notò un mezz'uomo, che stava lavorando i campi che producevano il cibo per chi abitava nel tempio, e mi venne incontro.
Nei suoi occhi né paura, né sospetto, né disgusto, ma semplice curiosità.
Mi disse di chiamarsi Milo e di essere un chierico del tempio dedito al culto di Tyr, dio della protezione, poi mi chiese chi fossi e per quale motivo mi trovassi lì.
Ricordo che parlammo per molto tempo, fino a sera, e che mi convinse a passare lì la notte e tornare a casa il giorno seguente.
Non comprendevo il concetto di fede o cosa lo spingesse a dedicare la sua vita a qualcosa di così astratto, ma mi trovavo a mio agio con lui, mi fece sentire subito accettato.
Nei mesi successivi feci spesso avanti e indietro tra casa e tempio, fino a quando, motivato dalla partenza di Etadrash che voleva arruolarsi nell'esercito, decisi di andare definitivamente a vivere lì, proponendomi di lavorare per il tempio ed essere istruito.
Gli anni passarono tranquilli, ma proprio grazie al tempio ebbi l'incontro più importante della mia vita.
Un giorno al tempio si presentò un tale che si definiva sciamano, vestito in modo semplice, era di passaggio e si era fermato solo per un po di ristoro; io fui incaricato di portargli del cibo ed ebbi modo di parlare con lui per un po.
Mi guardò con fare strano e mi disse "Cosa fa qualcuno come te in un piccolo tempio come questo? Non rimarrai qui ancora a lungo, nel tuo destino c'è qualcosa di grande" e alla mia perplessità rispose dicendo "Fa parte del disegno di Savras", poi prese il ciondolo con 3 piume che portava al collo e me lo diede, dicendo che sarebbe stato una chiave importante per il mio futuro... non potevo immaginare quanto.
Ma questo aggiunse solo domande alle mie domande.
Il disegno di chi? Perché proprio me? Potevano essere solo i deliri di un mendicante? In che modo delle piume avrebbero potuto... tutte domande senza risposta, lo strano uomo se ne sarebbe andato di lì a breve senza spiccicare più alcuna parola.
Ben presto, però, ebbi la mia illuminazione.
Quel fatidico giorno c'era brutto tempo e mi trovavo nel cortile del tempio ad osservare lo strano comportamento di un nano, di nome Hadrik, che era da poco giunto da noi.
Meditava, poi ripeteva alcuni movimenti e strane mosse ancora e ancora, poi tornava a meditare, per ore, senza toccare cibo o alcool... ammetto che la cosa mi sorprese, andava contro molte delle cose che sapevo sulla sua razza.
Accortosi del mio sguardo fisso smise con la sua routine e mi si avvicinò, un po' per saziare la mia curiosità e un po' perché probabilmente non vedeva l'ora di parlare di se e delle sue avventure a qualcuno disposto ad ascoltarlo.
Disse di essere un monaco e un artigiano e di venire dal lontano Karad Azhul, mi parlò di come viaggiasse in cerca di mostri feroci, sfide a cui sottoporsi e gloria da guadagnare ma una cosa mi colpi più di tutte: la sua diffidenza lampante nei confronti degli elfi, che descriveva come infidi e manipolatori, al punto da sostenere che potessero leggerti la mente guardandoti negli occhi.
Dopo avermi raccontato molte delle sue peripezie volle darmi una dimostrazione pratica della sua forza e mi trascinò di peso in un bosco non troppo distante dal tempio (c'è da ammettere che già questo fu notevole) dove, dopo una breve meditazione, iniziò a spezzare e sradicare grossi alberi a mani nude.
Tutto ciò, per quanto impressionante, attirò le attenzioni più sbagliate che potesse attirare.
Mi ero infatti dimenticato di Stor, il vecchio druido che sapevo difendere e abitare in quel bosco, e improvvisamente io e Hadrik ci trovammo immobilizzati da radici che uscivano dal terreno.
Ero già pronto a scusarmi con il druido e a chiedere di lasciarmi andare poiché io non avevo arrecato nessun danno alla foresta, quando... per un istante vidi solo luce, sentii il corpo libero da radici e un dolore lancinante, bruciante, come null'altro avevo provato prima e mi ritrovai a terra, con i vestiti bruciati, il ciondolo datomi dallo sciamano era l'unica cosa rimasta intatta e non sembrava per nulla danneggiato.
Ero stato colpito da un fulmine, sarei dovuto essere morto, eppure... in quell'istante capii e rinacqui come una persona nuova.
Mi rialzai e corsi via verso il tempio... era il volere di Savras...
Nei giorni che seguirono cercai ogni informazione che potesse riguardare il dio del fato, ogni dogma, ogni precetto, poi pieno di enfasi corsi a casa, in città, alla ricerca di Vrakazhar.
Dovevo fargli sapere che avevo compreso la fede, dovevo renderlo partecipe della mia rinascita... e lui accolse il tutto in modo estremamente positivo, non dubitò, mi disse che aveva studiato molto sulle religioni del mondo nel suo apprendistato da paladino e che anche lui sentiva di essere in contatto con un'entità superiore... mi propose di fondare il nostro culto... accettai.
Lasciai a lui il resto.
Vrakazhar disse che ci sarebbe stato bisogno di un pantheon piu grande e mi introdusse al culto di Bane, dio della tirannia e della guerra, gli inevitabili mezzi per l'espansione della nostra fede destinata alla grandezza, e di Tiamat, una dea drago... sarebbe stata la madre che non avevamo mai avuto.
Education
Educazione religiosa nel tempio di Tyr, dio della protezione
Mental Trauma
Mia madre ha abbandonato me e i miei fratelli quando avevo 4 anni e Vrakazhar era appena nato, siamo stati cresciuti solo da nostro padre
Morality & Philosophy
Il culto che ho fondato è la mia vita, lo condurrò alla gloria alla quale è destinato... in un modo o nell'altro...
person.gender_identity
Maschio
Known Languages
So parlare in Comune, Draconico, Infernale e Celestiale... so anche leggere e scrivere ma non conosco moltissimi vocaboli...
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