Disaster / Destruction
Dopo I funerali di Branca gli avventurieri tornati in città iniziarono a organizzare i lavori per la ricolonizzazione di Cavagrande.
Filippo Di Orlando Di Balar, dopo avere portato i suoi saluti alla tomba di Branca iniziò i preparativi per le nuove nomine a cavaliere (vedi Cavalieri di Balar) e l'arcimago Dinario Straor stava continuando le sue ricerche e la sua opera di reclutamento per l'Accademia di Straor.
Il mattino del 24 dicembre Sir Borro Cucinaduro venne chiamato dai servitori di Filippo per l'inaugurazione di un progetto che il cavaliere aveva promosso settimane prima.
Il cavaliere, radunando dei lavoratori di Balar, aveva preparato la deviazione del fiume per fermare il flusso verso l'Albero Nero e indirizzarlo verso la Spaccatura di Luce.
La diga venne chiusa e nel giro di dieci minuti si capì che il fiume stava venendo risucchiato dalla Spaccatura. Il flusso iniziò a creare un gorgo che cominciò a ingrossarsi mentre il flusso dell'acqua aumentava a dismisura, allagando in pochi minuti la piana fuori dalla città. A nulla servì il tentativo di riaprire la diga che causò l'ingrossamento del flusso e la morte di tre lavoratori nella rimozione dei blocchi che la tenevano ferma.
Il livello del mare, inoltre, sembrava alzarsi e la città, nel giro di mezz'ora, venne allagata. I topi nelle fogne iniziarono a risalire e invadere la città e mentre la Milizia Cittadina di Balar, insieme a Leona al Barzior, Ghotran e i suoi Nomadiani, Dinario e i maghi della torre difendevano la città dall'invasione.
Borro e Filippo, recatisi al Tempio di Balar, chiesero aiuto a Padre Michele, il quale accompagnò i due verso il gorgo per aiutarli a sigillare la Spaccatura.
Dal mare, nel frattempo, un veliero apparve all'orizzonte a grande velocità. A bordo Carpan Lutgehr e Lo Zio , prigioniero della nave appartenente ai ConfCorsari. Il veliero, sfrecciando sul mare, riuscì a rallentare all'ultimo tramite delle ancore di emergenza e schiantarsi contro il porto della città. I Corsari, miracolosamente rimasti illesi, scesero dalla nave in direzione Barzior per recuperare qualsiasi cosa Lo Zio conservasse ancora nei suoi uffici.
Incontrata Leona intenta a evacuare il mercato, il nano e la mezz'orca si confrontarono dove dosi difendere dai tritoni abissali attratti dal mare per via del sangue e dei cadaveri dei topi che si stavano accumulando nelle strade allagate.
Alla torre dei maghi Dinario e Ghotran escogitarono un piano: usare il potere del Menhir Scarlatto per spostare magicamente il mulino sopra la spaccatura e sigillarla.
Borro, avanzando nell'acqua insieme a Padre Michele, arrivò alla spaccatura e giunto nei pressi vide il bagliore del Piano della luce (Piani) e decise di toccarlo.
Lì, Borro, venne psichicamente trasportato al cospetto di una città d'oro e parlò con una figura celestiale fatta di luce che gli indicò la via per l'atto che avrebbe dovuto compiere. In un ultimo istante Padre Michele capì il destino del guerriero e scappò via mentre in un lampo il mulino veniva fatto crollare magicamente attraverso il potere della torre.
Tappata la Spaccatura il mare iniziò a fluire nuovamente in direzione dell'albero e la città tornò alla, relativa, normalità.
I lavori per svuotare gli edifici dai corpi e dall'acqua iniziarono immediatamente trovando, nella rimozione delle macerie del mulino, una statua di marmo bianco perfettamente intatta e pulita. La statua raffigurava Borro, nudo e nell'atto di chiudere la Spaccatura con il proprio scudo.
Padre Michele iniziò immediatamente a radunare i fedeli della città per creare una piccola piazza attorno alla statua. La statua divenne istantaneamente oggetto di culto e Padre Michele, canonizzandola, riconobbe la santità del gesto e dell'uomo proclamando il Santo di Balar: San Borro e la sua reliquia sacra la Statua Di San Borro.
In seguito all'allagamento Lo Zio venne convocato al castello del Barone per essere sottoposto a processo per la lunghissima serie di crimini di cui era accusato. Il processo, celebrato a palazzo e alla presenza dei membri più importanti della città, venne interrotto dopo poche ore per il suono di un corno d'allarme sulle mura.
Fuori dalla città un battaglione di cavalieri con drappi neri e rossi si radunarono fuori dalle mura.
Il cavaliere in testa si tolse l'elmo annunciandosi come Ragasat. Il cavaliere chiedeva vendetta in nome di Xenia e di Kanat verso il nano che lo aveva ucciso e l'uomo che lo aveva folgorato, altrimenti tutta la città avrebbe fatto la fine del neonato che aveva in braccio.
Il cavaliere gettò il neonato a terra, un piccolissimo Elfo oscuro, facendolo calpestare dal proprio cavallo. Risalì sul destriero e cavalcò via con il suo battaglione.