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Ho sempre saputo di essere destinato a compiere grandi cose.
Essendo il maggiore di quattro fratelli (cosa ne è stato di loro ve lo dirò in seguito) i miei genitori mi hanno cresciuto risparmiando i complimenti e facendomi lavorare duro, ho praticato la pesca insieme a mio padre sui pescherecci del porto mentre i miei giovani fratelli studiavano e imparavano le cose del mondo.
Probabilmente la mia infanzia è stata uguale a quella di molti altre persone, noiosa. Mio padre e mia madre non hanno visto altro in me che uno strumento, mi hanno lasciato crescere a casa di quel decrepito rimbambito del nonno e si aspettavano che li avrei sostenuti quando non sarebbero stati in grado di provvedere a loro stessi esattamente come avevo fatto con lui.
Probabilmente non si aspettavano quello che successe…
Si trattava di un giorno come tanti altri, stavo lavorando al cordame mentre mio padre si trovava fuori a pesca quando la vidi. Una nave del colore del sangue di tonno, che correva veloce verso il porto. Non era certamente la prima volta che vedevo una nave pirata ma questa era particolarmente vistosa come vistosi erano i personaggi che ne scesero, una ciurma di pirati fin troppo ben vestiti e armati per essere la solita banda di ubriaconi, portavano spade curve con else ingioiellate, vestiti di broccato e seta ma nei loro occhi brillava la furia omicida degli squali che ogni tanto vedevo dal ponte delle navi durante la pesca.
Nessuno osò mettersi contro di loro, o meglio, nessuno che ci provò rimase in vita. Io osservai nascosto in mezzo alle gomene che finissero di razziare e vidi che cosa fecero, catturarono le donne più procaci del villaggio, tra cui mia madre e mia sorella Gioia e le chiusero all’interno della nave. Catturarono anche mio fratello Giorgio e lo incatenarono insieme ad altri giovani, probabilmente per crescerli come pirati a loro volta. Non trovarono me e lasciarono in vita il mio altro fratello, Giovanni, troppo debole e malato per poter essere d’aiuto su una nave.
Quando mio padre tornò fu sopraffatto dal dolore, pianse pateticamente attaccato al letto di Giovanni senza degnarmi di uno sguardo, forse mi incolpava di ciò che era successo o forse semplicemente non riusciva a darsi pace ma per me quello non fu che l’inizio della vera vita.
Qualche mese dopo Giovanni morì, pacificamente nel suo letto di quella malattia che l’aveva salvato dall’attacco dei pirati, mio padre divenne silenzioso e distante e un dopo qualche giorno durante i quali non faceva altro che bere sparì, forse alla ricerca della grande nave bordeaux che gli aveva rovinato la vita.
Io a quel punto ero totalmente libero, finii a lavorare nella Taverna dell’Oblò scuro nei bassifondi del porto, era gestita da un tale Francis Brando che dopo qualche mese di lavoro come lavapiatti mi propose di lavorare per lui come carpentiere e guadagnarmi il pane rimanendo nel porto. Quell’uomo era una vera volpe quando si trattava di affari e mi insegnò tutto quello che poi mi servì effettivamente a vivere, per un po’ credo sia stato come il padre che non mi aveva mai considerato. Alle sue dipendenze imparai a portare una nave e a menare le mani durante le partite truccate a carte…
Ma non poteva durare, un gruppo di "marinai" diverso da quello di pirati che attaccò la città qualche anno prima tornò per riscuotere alcuni debiti dal buon vecchio Francis e lui cosa fece vi starete chiedendo?
Beh lui cedette due mani capaci ai maledetti creditori. Le mie.
Cercare di oppormi mi fece guadagnare solo più frustate di quelle che mi avrebbero comunque dato quindi accettai presto la mia nuova condizione, questi putridi esseri pur non definendosi pirati ne avevo di certo l’aspetto e il carattere e non mancavano di fare prigionieri nel caso in cui qualcuno avesse da ridire sul loro operato.
Fu in queste circostanze che conobbi due persone, entrambe prigioniere come me, che si sarebbero rivelate interessanti nella mia vita, Andri Zep e Malaus Zefran.
Ho capito subito che sarei andato d’accordo con Zep, durante la sua vita si era guadagnato da vivere truffando la gente da sotto l’abito di un chierico. Era veramente un religioso mi disse ma non officiava perché il suo culto era stato bandito per cui si limitava a tirare avanti (per conto mio nessuno mi aveva mai dato un’educazione religiosa e quindi mi fregava anche poco di quale divinità adorasse)evidentemente aveva finito col cercare di abbindolare il gruppo sbagliato di gentaglia di mare…
Malaus invece era un dannatissimo e pomposissimo mezz’elfo, e già questo mi faceva storcere il naso, in più si comportava come se fosse la persona più importante a bordo anche se finiva sempre a fregare il ponte della nave.
“Gnignignì missione diplomatica importante”, “gnengegné non si dovrebbero comportare così con una persona del mio calibro”
Ma crepa imbecille. Io e Zep abbiamo campato su quella nave divertendoci a sue spese, fregandogli il pane e facendogli lo sgambetto durante le pulizie in modo che si beccasse le frustate.. Hehehe
Poco male, lo persi di vista quando durante un approdo riuscì a liberarsi delle corde a fuggire tra le frasche, sicuramente sarà andato a rifugiarsi in buco dai topi di fogna qual era.
Quell’approdo fu molto importante anche per me e Zep perché dopo il duro lavoro da schiavi guadagnammo una rivincita. Dopo una notte di bevute i tre sottoposti principali della ciurma tornarono alla nave e tentarono un ammutinamento, casualmente Zep si trovava in una delle celle vicine alle cabine e riuscì a far inciampare gli imbecilli e a svegliare il capitano della nave prima che venisse accoltellato.
Questo valse a Zep il ruolo di secondo al comando per cui anche io passai da semplice prigioniero a marinaio semplice ma il mio buon amico aveva visto di più in me, aveva notato la mia prestanza fisica e capacità di combattimento, sapeva che celavo una vendetta bruciante nei confronti di Francis e decise di farmi un regalo, mi fece approdare in un monastero.
Sul momento non capii perché ma mi spiegò tutto, sapeva che su una nave non sarei mai stato felice e aveva deciso che voleva vedere il mio potenziale svilupparsi, il monastero dell’Idra era il modo migliore per incontrarci spesso perché nelle gelide acque in cui esso si trovava nuotavano pesci incredibilmente rari e costosi.
Per questo accettai di buon grado il consiglio di rimanere anche se, purtroppo, passò molto tempo prima che ci rivedessimo di nuovo…
Il monastero dell’Idra tra l’altro era di una bellezza non indifferente, scavato in un ghiaccio così antico da essere diventato duro come la roccia, un iceberg galleggiante gigantesco e adorno da magnifiche colonne spiralate con decorazioni a squame e le teste delle creatura mitologica, scolpite anch’esse nel ghiaccio, troneggianti sugli allievi del tempio. I discepoli come me erano pochi,non perché il monastero richiedesse delle condizioni particolari per entrare a farne parte, ma perché era decisamente poco conosciuto.
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