Si torna a casa Report in Creazione | World Anvil

Si torna a casa

General Summary

La tensione tra il Circolo Solare e il Profeta dell'Abisso sale alle stelle quando sul luogo giungono altri due Abissali: Vipera delle Poesie Avvelenate, il Cavaliere della Morte già incontrato nella Casa delle Bambole nel Distretto dei Piaceri, stavolta in armatura completa e con una daiklave di animacciaio, e un altro Abissale (forse la nuova incarnazione di Radesh Al Wadi?) con le sembianze di un giovane uomo riccamente vestito. Insieme all’uomo incede sul sagrato della cattedrale un’enorme abominio dalle fattezze di tigre alata con tentacoli sferzanti sulla schiena, certamente una creatura dell’Oltretomba.
All’ennesimo accenno al suo collegamento a Nikko, il Profeta dell’Abisso sfodera le armi e tutti reagiscono di conseguenza, preparandosi per uno scontro ritenuto ormai inevitabile.
Tuttavia, il Circolo Solare dimostra di non volere combattere, almeno per il momento; sono le stesse parole di Thanatos che cercano di portare alla calma le due parti, le quali continuano a dialogare verbalmente senza dare inizio ad uno spargimento di sangue. I Solari iniziano quindi una lunga serie di domande volte al Profeta, a cui lui dà presta e animata risposta. L’abissale sembra genuinamente infervorato, quasi speranzoso di poter fare breccia nelle convinzioni dei Solari spiegando loro i dettami del suo credo e della sua scelta di vita.
Dalle parole del predicatore, il Circolo viene a conoscenza dei tre precetti base del Culto dell’Abisso:
1) "LA MORTE E' LO SCOPO DI TUTTI: Tutti devono morire; anche dopo innumerevoli rinascite il fine ultimo della vita è la morte"
2) "LA MORTE E' LO SCOPO DI TUTTO: Tutto ha una fine, anche le cose, la materia e la Creazione finiranno"
3) "L'ABISSO E' LO SCOPO DI TUTTO: Nell'Abisso avviene la morte ultima, quella definitiva, che annulla anche ogni possibilità di rinascita. In esso è la pace definitiva e l'annullamento totale. Se tutto deve morire, morire nell'Abisso porterà la pace finale alla Creazione"

  In questo Culto la conoscenza delle vite precedenti è vana arroganza, in quanto il passato è passato e quelle vite non influiranno in alcun modo sulla vita attuale; per gli Eccelsi, è decisamente meglio abbandonare ogni velleità e legame col passato e abbracciare le verità del culto, soprattutto per gli Eccelsi Solari, in quanto legati ad un passato antico e perduto, pieno di tracotanza e fallimenti, che non tornerà mai più. In confronto anche i culti del Wyld e dell’Impero di Giada sono preferibili in quanto basati su qualcosa di tangibile e reale, più che memorie frammentarie di passati remoti.

  Quando i due nuovi arrivati si avvicinano, la vista del trio riunito induce reminiscenze a tutto il circolo Solare in merito alle loro vite passate.

  Le parole del sacerdote suonano chiare e logiche e tutti ne sono influenzati ora che lui parla in Antico Reame. Diversi Eccelsi devono ammettere che i precetti del culto hanno dei fondamenti fattuali, per quanto le conclusioni siano decisamente discutibili.
La discussione continua volgendo sull’identità di chi abbia compreso per primo il modo per un Eccelso di diventare Abissale, se fosse lui stesso il primo Profeta del Culto Abissale e chi fosse il suo Signore della Morte.
L’uomo afferma di non essere il primo Profeta dell’Abisso, che ci fu un Eccelso secoli prima che capì la vera strada e divenne guida del Culto e fece molti proseliti. L’uomo afferma di essere stato discepolo del Signore della Morte noto come Il Vescovo del Turibolo di Calcedonio e invita ancora una volta i Solari ad entrare nella cattedrale per ammirare la serie di dipinti che mostrano le prove sostenute dal Primo Profeta nel suo cammino di comprensione dell’Abisso.
Le parole suadenti del predicatore tentano di abbattere la volontà dei Solari cercando di instillare il dubbio nei loro cuori, al che Shezara incita i compagni a impedirgli di terminare le sue frasi prima di usare un prodigio che impedisce al sacerdote di trasformare i Solari in proseliti.
A questo punto i Solari partono al contrattacco, tempestando il sacerdote di domande e di impressioni su quanto i precetti del credo siano parziali: Shezara sottolinea quanto essi si focalizzino solo sugli aspetti oscuri della vita e su quanto essi manchino di pienezza nell’abbandonare il brulichio chiassoso e colorato della Creazione per la tranquillità apatica del mondo degli Inferi. Jungalay pone l’accento sul suo desiderio di ritornare nella Creazione per viaggiare per mare, per avere la sua vendetta contro i Lyntha; Flinn infine lo sfida a rivelare di più di quanto lui abbia guadagnato nel sacrificare la sua scheggia solare ai Mainati.
Nell’animato dibattito che segue Shezara riesce ad intuire che l’uomo ha un profondo legame di devozione nei confronti dell’Abisso e che lui è ben consapevole del passato e delle reminiscenze, ma che lui le ha rinnegate giurando a se stesso di non essere il proprio passato.

  Flinn lo incalza ribattendo che la sola fede non era bastante per comprendere il vero obiettivo dei Mainati.
“I Primordiali vennero traditi dai loro campioni, gli Incarna, che crearono i come mezzo della loro ascesa. I primordiali ci maledissero per il nostro peccato verso coloro che tutto crearono e anche noi siamo stati traditi dai nostri sottoposti, crudele ironia del Karma.” Flinn sostiene che difficilmente i Primordiali avevano come solo obiettivo che tutto abbia una fine, ma Profeta dell’Abisso ribatte che a questo livello di comprensione dei sussurri non può dirci altro e che il piano sarà più chiaro dopo aver compiuto le scelte.
Nemesi non capisce come si possa ridurre tutto alla ricerca della fine della vita ma Profeta dice che non si tratta solo di questo. La vita merita di essere vissuta e merita tutto il rispetto possibile. Il fondamento è che non vi è vita senza morte e questa è il fine ultimo. Nell’Abisso essa è pura in quanto definitiva. Lei obbietta che è difficile immaginare che si possa essere felice in un mondo così pieno dell’alone della morte in contraltare al tintinnio continuo e colorato della Creazione e lui dice che essere felice è possibile anche qui. In questo momento interviene Flinn dicendo che per lui essere felice è “abbracciare qualcuno di amato e poterle sussurrare le mille parole che non ha potuto confidarle in tutto questo tempo” riprendendo una parte molto intensa dell’ultima reminiscenza ricevuta tra Nikko e la sua amata al suo risveglio da parte di Aja Canto d'Inverno.
Questo accenno alla sua vita passata, legato ad un avvenimento tanto fondamentale per il suo essere, scatena nel Profeta un evento occulto di natura sconvolgente: l’uomo diventa in tutto e per tutto una manifestazione dei Mainati, una figura grottesca che sembra librarsi da terra, da cui prorompe una nuvola impetuosa di energia necromantica e gelo mortale, che congela e sbriciola tutto ciò che tocca.
L’essere, ormai fuori controllo si ritira negli interni oscuri della cattedrale, mentre i Solari arretrano a distanza di sicurezza, aspettandosi il peggio.

  In questo momento di nuova tensione, è Uzun Adaa a prendere la parola per concludere la discussione una volta per tutte. Nelle sue parole c’è il fermo rifiuto di tutte le tesi del profeta oscuro, la consapevolezza che Abissali e Solari sono due opposti inconciliabili in quanto i primi sono la risposta sacrilega e corrotta a quell’opera di creazione che il Sole Invitto, insieme a Luna e agli altri Incarna, aveva compiuto strappando tutto il Creato dal Vuoto che era la dimora e specchio dell’essenza dei Mainati, Creazione che essi aborrono più di ogni altra cosa.
Davanti alla cattedrale dei Mainati, lo Zenith conclude che tra Solari e Abissali non potrà mai esserci pace e che ora, conoscendo cosa comporta il culto dell’Abisso e l’essere Abissale, lui pronuncia la dichiarazione di guerra dei Solari: essi combatteranno con tutte le loro forze gli ideali e gli obiettivi degli Eccelsi Abissali, dei Signori della Morte e dei Mainati stessi, in quanto ogni Solare è custode e protettore della Creazione e del perdurare di essa nell’eterno ciclo di nascite, morti e rinascite, ad eterna testimonianza della vittoria del Sole Invitto sui Mainati.
L’arringa si conclude con una sfida al Profeta dell’Abisso stesso: ricordando che nessun membro del Circolo Solare ha ancora alzato un dito contro chiunque di loro, lo Zenith ammette che la sua parte è in svantaggio evidente, lì nel centro dell’Oltretomba, e sarebbe facile preda delle forze abissali; tale vittoria, tuttavia, non porterebbe nessun vantaggio al Culto Abissale, in quanto non dimostrerebbe in alcun modo la forza delle loro tesi.
L’unico campo di battaglia adeguato per questo scontro è la Creazione stessa: su quel campo si svolgerà la battaglia per l’anima dei mortali, tra le tesi del Culto Abissale e quelle che sostiene il Circolo Solare. Quindi, cosa avrebbero fatto, adesso?
Il coacervo di potere oscuro che guida il corpo esanime del Profeta riemerge dalla cattedrale e incede sul sagrato per rivolgersi allo Zenith e al Circolo.
“Non possiamo toccarvi” dice in una cacofonia di voci ultraterrene e terribili “ma voi non siete ospiti graditi, qui. Andatevene subito!” e, con un cenno, Vipera sfodera una corda con quattro nodi di potere sulla sua estremità.
Quando ne scioglie uno, una bolla di calda luce profumata prorompe nella caligine dell’Oltretomba: un portale verso la Creazione! Il Circolo entra nel portale, lasciandosi alle spalle Stygia e i loro nuovi (nuovi?) nemici, consci della gravità delle azioni appena intraprese e, insieme, della giustizia in esse. Flinn, entrando nella bolla, guarda Vipera e le dice che si rivedranno, il discorso sul Concordato del Nadir Nero non è finito.
Il portale si chiude alle loro spalle mentre la luce della Creazione li investe dopo innumerevoli mesi di tenebra: è casa finalmente! Presto, tuttavia, realizzano cosa stanno ammirando: l’immensa montagna che torreggia dinanzi a loro altro non è che il Polo Elementale della Terra e loro si trovano nei pressi dell’antica Città di Meru, al centro dell’Isola Benedetta!
Non si può dire che i loro nemici abbiano loro semplificato la vita.    
Il portale emana un calore e una luce così dolce che Uzun Adaa quasi non riesce a credere che sia vero.
Il fatto che siano proprio i loro più acerrimi nemici a offrire loro questa opportunità di salvezza rende la situazione ancora più incredibile.
"Non vorrai accettare un atto di pietà del tuo nemico?! Tu, un Principe della Creazione? Rimani e combatti, vigliacco!"
sente una voce sprezzante sussurrare dentro di lui. Il suo odio per le creature delle tenebre ribolle mentre soppesa questo pensiero e dolorosamente lo accantona.
Certo, se non fosse per l'antico Patto, il loro destino sarebbe segnato: gli abissali farebbero scempio di lui e tutte le legioni dell'Abisso festeggerebbero sulla loro distruzione.
"Sarebbe davvero così terribile?" Suggerisce un'altra voce.
Una gloriosa fine in battaglia e poi l'oblio eterno, la sua scheggia gettata direttamente nelle fauci dell'Abisso. Fine di ogni reincarnazione, fine di ogni dolore, fine di ogni obbligo, di ogni ricordo. Fine, semplicemente fine.
Ogni fibra del suo essere rifugge con ribrezzo questi pensieri, eppure non può evitare di ammettere di averli pensati.
Alza lo sguardo e incontra lo sguardo spento del Profeta dell'Abisso, il suo volto smunto, la bocca serrata, inespressiva.
"Era questo che desideravi, fratello?" pensa. "Sapevi quello che avresti ottenuto quando hai stretto il patto con i Mainati? Sapevi cosa avresti ottenuto in cambio dell'oblio per la tragedia che avevi vissuto?"
Gli risuonano nella mente le parole del Gerofante: "Era solo una mortale come tante, tu un Principe della Creazione! Come può valere così tanto per te?"
Quanto erano stati ciechi.
Secoli e secoli di potere avevano fatto perdere loro ogni attenzione, ogni saggezza, e ora tutto era perduto, in rovina; gli Abissali erano sorti da quell'errore, la sardonica risposta dei Mainati all'antica offesa inflitta loro dal Sole Invitto e dai suoi Legiferi.
"Infine avete compreso la vostra follia" dice la prima voce.
"Anche se eravate potenti tra i potenti, rimanete sempre servi, e ora sarete i nostri servi, anche di vostra volontà" dice una seconda voce.
"Perché non vi sarebbe mai dovuto essere dato quel potere, mai dovrebbe essere stato creato, mai dovrebbe essere stato esistito" continua una terza.
"Perché non fu pensato per voi, e questo è ciò che avete ottenuto" conclude una quarta.
"Siete stati ingannati, siete stati usati, siete stati feriti. Noi siamo la pace, la vera pace! Ancora non capite?" gridano tutte insieme, e un gelo che lambisce dolcemente la sua anima sembra seguirle.
"Si, ho bene inteso le vostre parole" risponde lo Zenith a bassa voce.
"Ma ciò che non capite voi è che io ho finalmente compreso cosa abbiamo ottenuto in cambio. Udite ancora una volta le mie parole: niente pace tra di noi". Distoglie lo sguardo dal volto morto del Profeta e lo porta verso il mondo al di là del portale.
"Arrivederci, fratello" sussurra mentre posa il piede dentro il portale. "La Creazione sarà il nostro campo di battaglia".
Non si volta a guardare nessuno di loro.
Per lui loro sono morti.
L'aria ai piedi del Monte è calda e dolce come miele.L'odore speziato ed elettrico del Wyld tutto attorno è solo uno dei milioni di aromi che i suoi sensi percepiscono: la vista, la luce, i colori, tutto è un profumo che riempie i suoi polmoni, scalda la sua pelle, riempie i suoi occhi. Dopo mesi e mesi passati nell'Oltretomba, per la prima volta Uzun Adaa si ritrova a casa.
E il suo cuore è ancora pieno della tristezza provata per la sorte dei suoi antichi fratelli, per la rabbia che la loro arroganza e disperazione abbia causato la rovina loro e di quelli di tanti altri. Più di tutto è la determinazione che ora sente essere nata nel suo cuore: il desiderio prorompente di portare la Parola del Sole Invitto a tutte le creature della Creazione, di portare il Suo messaggio di speranza, di rinascita, di conoscenza e di miglioramento, accettando e superando tutte le prove e le sofferenze che l'esistenza ci mette davanti, di farle nostre e di migliorare ogni giorno, di farcene carico e di crescere con loro e attraverso di loro, senza dimenticare nulla ma comprendendo, sopportando e vivere un giorno dopo l'altro per vedere il Sole sorgere su un'altra alba ancora, per ammirare la Luna rischiarare le notti e le Stelle brillare nel cielo, e ancora, e ancora, riempiendosi della pienezza, della bellezza e della gratitudine per essere parte e protagonista di questa immensa opera che è la Creazione che ci è stata affidata. Per ammirare il sorgere del Sole per un altro giorno ancora, e ancora, finché esisteranno il tempo e lo spazio e il desiderio di vivere ed esistere, di creare e di amare.
Questo è il sentimento che Uzun Adaa sente bruciargli nel petto mentre lacrime gli rigano il volto e una risata di gioia irrefrenabile sgorga dalla sua gola.
Nel buio della morte più profonda ha trovato la Sua Luce, all'ombra della cattedrale dei Mainati ha trovato la sua vocazione.
Vede la luce attorno a sé diventare sempre più accecante e vuole solo abbandonarsi ad essa, pronunciare i suoi voti e mille ringraziamenti ai nomi del Sole, gridarli affinché tutti sentano che gli Araldi del Sole sono tornati e che nessuno dovrà più temere, nessuno dovrà più disperare, nessuno dovrà…

Il cazzotto di Shezara lo colpisce in pieno alla mandibola, subito seguito dal pugno in pieno stomaco di Flynn e infine un colpo secco e definitivo alla nuca (Jungalay, probabilmente, ma non saprà dirlo con certezza).
Mentre si accascia e scivola nell'incoscienza sente la voce di Shezara dire "Ma stava davvero andando in iconica qui?"
"Sarebbe stato un bel guaio, ci poteva vedere tutta l'Isola Benedetta" risponde Flynn
"Ma che gli è preso? Nel dubbio gli dò un'altra botta in testa" dice Thanatos. Ah ecco, ovviamente.
Mentre cede e perde i sensi, Uzun Adaa sente che la Luce non scema, anzi: da lui il suo sguardo si alza, su, su, oltre le altezze vertiginose del Monte, oltre l'Isola Benedetta, fino a vedere i confini della creazione e del Wyld attorno ad essa, fino al Sole, la Luna e tutte le stelle.
Tutto brilla e si muove nella Luce, la Sua Luce, calda, rassicurante, piena di promesse.
Solo in un angolo, una piccola chiazza di oscurità permane: una oscurità fredda, sibilante, da cui sembrano provenire sussurri, a volte sarcastici, a volte rancorosi, a volte, strano a dirsi, solo colmi di tristezza.
 

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