Silenzio del Roden
Il Silenzio del Roden fu l'atto conclusivo della Guerra dell'Ossirand.
Nei mesi precedenti, il degradarsi della situazione al fronte aveva convinto i comandi nanici che era futile tentare di difendere a oltranza il territorio ancora nelle loro mani, ma che invece bisognava ristabilire una linea di difesa più forte al fiume Roden. Così, in segreto, avevano iniziato a ridispiegare le proprie truppe migliori, e soprattutto l'innovativa e preziosa artiglieria a lungo raggio, non più al fronte, ma in postazioni ben fortificate che dominassero gli attraversamenti del fiume.
Con lo sfondamento del fronte imminente, il comando nanico insistette con gli alleati affinché si ordinasse un'evacuazione generale della regione, desiderando il più possibile avere terreno libero per bombardare indiscriminatamente gli azariani quando avessero guadagnato la riva est. Con le proteste di molte delegazioni ossiriane, il comando unificato acconsentì infine a diramare l'ordine; ma già molte truppe ossiriane si rifiutavano di ritirarsi ulteriormente, preferendo arrendersi o darsi alla macchia, nella speranza di poter raggiungere le proprie città. L'evacuazione dei civili si rivelò invece sostanzialmente impossibile: nel caos della sconfitta non vi erano vere risorse in grado di organizzarla, così che anche coloro che accettavano di abbandonare le proprie case procedevano a rilento.
La situazione precipitò anche più in fretta delle grame proiezioni dell'alleanza anti-azariana. Sfruttando i crolli puntuali nelle linee nemiche, gli azariani inviarono unità non-morte a compiere penetrazioni in profondità, al fine di seminare il panico e spingere al tracollo l'intero fronte. Il piano non funzionò come si aspettavano: le unità ossiriane resistettero risolutamente anche di fronte alla notizia che il nemico era alle loro spalle. Ma le truppe non-morte, marcianti senza riposo o bisogno di rifornimenti, dettero notizia di sé nelle adiacenze del fiume una settimana intera prima di quanto i loro nemici si aspettassero.
Furono intraprese allora una serie di azioni ancora oggi oggetto di controversia. Secondo la versione maggiormente accreditata, i comandi nanici diedero ordine di accelerare la ritirata ad ogni costo, ma senza comunicarne la vera ragione alle controparti ossiriane, nel timore di tradimenti e fughe di notizie. Gli ossiriani si divisero fra una fazione di minoranza che concordava coi nani, e una maggioritaria che contestava sia l'ordine unilaterale sia l'idea di ritirare tutto il ritirabile, abbandonando di fatto le truppe ancora ingaggiate al fronte.
Fu così che, quando le avanguardie azariane spazzando verso ovest guadagnarono la riva dal fiume, trovarono abitati strapieni di unità miltiari in ritirata e civili oberati dei loro carichi. Seguendo i propri ordini e la dottrina azariana, i non-morti lanciarono subito attacchi volti a prendere il controllo di questi punti strategici, incontrando non di rado una disperata resistenza da parte di militari e civili.
Stando agli azariani, entro il tramonto le battaglie si erano sostanzialmente risolte con la vittoria delle proprie truppe, seppur a caro prezzo, e con l'ordine di fortificare le posizioni prese in attesa di rinforzi. Presso le Patrie Naniche si sostiene a tutt'oggi che gli azariani avessero fatto uso di armi venefiche e compiuto massacri indiscriminati per porre fine alla resistenza col terrore, e che le stesse truppe fossero in procinto di forzare gli attraversamenti del Roden per stabilirvi teste di ponte di una prossima ulteriore invasione.
In ogni caso, all'alba del giorno successivo, con gli azariani concentrati negli abitati in vista del fiume, spesso in compagnia di civili rifugiati nelle case e prigionieri sorvegliati entro staccionate di fortuna, l'artiglieria nanica aprì il fuoco. Quantità e qualità di armi mai dispiegate in precedenza fecero piovere una tempesta di distruzioni sulle posizioni avanzate di Azar, i cui soldati furono colti impreparati, con pochi ripari o anche solo buche in cui rifugiarsi. I civili, ancora meno attrezzati e stremati dalla fuga e dai combattimenti che erano infuriati per tutta la notte, non ebbero scampo.
Il bombardamento durò 15 minuti prima di cessare improvvisamente. Si seppe successivamente che i comandi azariani, avvertiti magicamente del disastro in corso, avevano dispiegato un'arma sconosciuto, colpendo con una scia di morte per soffocamente un'ampia striscia di territorio sul versante occidentale del fiume, dove si annidavano le postazioni di artiglieria. Oltre alla perdita degli artiglieri, l'arma uccise anche qualunque creatura superiore si trovasse fra di essere, risparmiando invece insetti ed esseri senza mente; per questo si pensa ad un'arma di natura psichica, anche se a tutt'oggi non vi sono conferme.
Salvati dal bombardamento, gli azariani fortificarono le proprie postazioni in attesa di rinforzi, permettendo ai civili superstiti di allontanarsi; anche molti prigionieri riuscirono a fuggire nella confusione, dandosi alla macchia e alimentando la successiva guerriglia contro l'occupante azariano.
La catastrofe dell'artiglieria gelò il sangue nelle vene al comando alleato; Tannaris sguarnì le proprie mura per inviare rinforzi al fronte, nel timore che i passi del Roden non sorvegliati consentissero il dilagare di un'ulteriore avanzata azariana. Negli anni successvi, la città si sarebbe affermata come il nuovo fulcro dell'alleanza.
Feroci polemiche coinvolsero la condotta degli artiglieri nanici, per il loro bombardamento indiscriminato, e quella delle autorità azariane, che nel distruggere le postazioni nemiche avevano ucciso anche grandi numeri di rifugiati, ospedali da campo e semplici villaggi del lungofiume.