Culture del Parse Krin Occidentale
Storia
L'area a Ovest del Fiume Andraste e delle Terre Morte prende tipicamente il nome di Parse Krin Occidentale, la culla dei più grandi imperi di Hegemone ed ancora causa di numerosi conflitti. Le prime culture che nacquero da questi territori furono sicuramente quella Omaloriana, dando origine all'Età delle Torri costruendo la base di quella che poi sarà la città di Omaloria, oggi Ar'Maug, i navigatori del Deserto Sepolto presso Akath'ini, i nani dei Monti Parsi che fonderanno il primo grande impero nanico ed i regni che costellano Surib e Costa Piovosa, riuniti sotto il primo Impero del Surib.
La rapida espansione Omaloriana fu dovuta certamente alla fertilità delle loro terre e la facilità di collegare i vari domini alla capitale, ma lo sviluppo più rapido giunse dopo la nascita del Politeismo Omaloriano, una religione fondata sulla creazione volontaria di idoli che potessero ricoprire ogni ruolo e che rapidamente iniziarono a svolgere ogni operazione per gli umani che li pregavano. In pochi anni, la stirpe dei Quarti comporrà un grande esercito di golem ed idoli, sottomettendo i popoli navigatori di Deserto Sepolto e firmando un accordo con i nativi della giungla di Orarsuaq.
Per secoli nel frattempo i nani avevano costruito un dedalo impressionante nelle profondità della terra, usando la Geomanzia avevano collegato tutte le grandi catene montuose di Hegemone e scacciato gli altri popoli delle profondità come Duergar, Drow e Svirfneblin nella catena delle Scalie e nelle Terre Morte. Dopo essersi uniti agli Gnomi però, una sconosciuta minaccia ha portato alla decadenza e poi alla fine del grande impero, gli storici dibattono riguardo ad un violento terremoto che ha fatto crollare i tunnel nanici isolando i vari popoli nanici per i secoli a venire. I nani del Parse Krin occidentale, anche chiamati Nani del Sud, fondarono il Regno di Suöljattu anche in protezione riguardo ai barbarici popoli delle steppe poco a sud.
A Sud dei monti Parsi i popoli del Surib copiarono le innovazioni del nomade popolo elfico, fondando grandi città di legno e carta e coltivando il riso invece che affidarsi alla raccolta spontanea. I vari regni non presero mai dagli elfi la capacità di autogestione delle tribù ed infatti entrarono in diverse fasi di violento conflitto per sollevarsi come degni Imperatori del Surib e di Costa Piovosa, da sempre casa di altrettanti umani e quindi considerata estensione naturale dell'Impero. La necessità di ciò nasceva anche dalla vicinanza con i popoli Grotus che abitavano Steppa Violenta. Impossibile lanciare una campagna militare nelle loro terre, gli Imperatori del Surib considerarono più saggio trincerarsi in difesa, scendere a patti e influenzarli diplomaticamente, affinando l'arte della diplomazia suribiana che ancora oggi ne caratterizza la politica.
Gli equilibri si spezzarono quando la dinastia dei Quarti dell'Impero Omaloriano valicò i Parsi, sottomettendo Suöljattu e devastando la Rus di Vur con l'aiuto del Surib, il quale divenne poi bersaglio di una nuova campagna che porterà alla presa e secondo rogo di Diribia, ribattezzata ufficialmente Pietrapurpurea, ma da sempre ricordata come "La Fenice". La dominazione Omaloriana durerà fino all'epidemia di Saliva Blu ed all'arrivo dei Dimenticati. La perdita di presa da parte dell'imperatore porterà alla nascita di nuovi regni misti che tenteranno di rivendicare l'identità omaloriana ma che verranno spazzati via dall'incoronazione di Kubilai Igorovich Cavalcanubi, che eliminerà gran parte dei nobili per insediare i propri minggan sulle varie corti per poi volgere il proprio sguardo a ovest verso Atinia. Con la morte del primo Kubilai, la satrapia del Surib propone di mantenere un legame durante questi tempi di incertezza con le satrapie di Vur e Suöljattu. Nasce la Triarchia di Alastarza, una confederazione che permetteva a Suöljattu di espandersi nelle grotte, Vur nelle praterie ed il Surib di tessere la propria trama diplomatica, mentre le antiche terre natie di Omaloria vengono devastate come non mai dal risveglio dei Dimenticati che ne prosciugarono i fiumi e rasero al suolo le città.
Maguoria vivrà secoli di piccoli regni e costanti conflitti sia interni che con i Kubilai di Vur che con il Sacro Regno di Balestar ad Est, divenendo infine terreno fertile per il Califfo, un Eroe di Orarsuaq che istituì le Lame del Sole, uccidendo i demoni e Dimenticati, unificando i regnetti e città stato sopravvissuti a Maguoria e prendendo Omaloria ponendo fine alla fasulla dinastia dei Settimi, ribattezzandola Ar'Maug e fondando sulla cultura silvana il suo dominio immortale.
Gli unici popoli che sono riusciti ad ignorare questi sconvolgimenti furono gli Javelini di Punta del Giavellotto, che continuarono le loro tradizioni goliardiche e sportive per millenni per poi venir assimilati dai Suribiani all'interno delle loro colonie ed in seguito tentare una violenta ribellione per riprendersi le proprie terre natie.
Culture e Lingue
Suribiana:
Discendenti diretti dell’antico Impero del Surib, i Suribiani rappresentano la quintessenza della diplomazia istituzionalizzata. La loro cultura è dominata dall’etichetta, dal culto del tatto verbale e dalla gestione cerimoniale delle emozioni. Ogni parola è scelta con cura e ogni gesto ha significato. La lingua suribiana (cinese) è tonale e carica di strati di significato, mentre la calligrafia è considerata un’arte di potere. Vivono in città di carta e legno, fortemente ritualizzate, dove la bellezza estetica è legata all’armonia funzionale. La loro politica si fonda sulla pazienza, la pressione indiretta e l’arte di legare i nemici a doppio filo. Simile alla cultura Cinese del nostro mondo.
Suolji:
I Nani del Sud, superstiti del grande crollo dell’Impero Nanico sotterraneo, incarnano lo spirito della resilienza. La cultura Suolji è stoica, scandita dal suono del metallo che batte su pietra e dalla compostezza rituale dei Clan. Parlano una lingua dalle sonorità chiuse, fatta per i tunnel (finlandese). I Suolji venerano gli antenati come presenze tangibili e considerano la memoria storica un dovere civico. Le loro città scolpite nella montagna sono monumenti viventi, e l’arte nanica qui si fa murale, geometrica e sacra. La lealtà è assoluta, ma si concede solo una volta nella vita. Simile alla cultura Finlandese del nostro mondo.
Vura:
Un popolo temprato dalle steppe, i Vuri sono comunitari, fieri e notoriamente goliardici. La loro cultura, ispirata alla Russia tardo-medievale, si basa sulla fratellanza, la condivisione di tutto, e il culto della forza personale. Cantano storie attorno al fuoco e celebrano con danze rotanti, vino speziato e racconti di eroi perdenti. Parlano una lingua aspra, gutturale ma sorprendentemente poetica (russo). L’onore si misura nel sangue, ma anche nella capacità di perdonare. Molti Vuri venerano spiriti locali, e le loro casette di legno sono ornate di talismani e icone scolpite. Simile alla cultura Russa del nostro mondo.
Maguoriana:
Nata dal caos post-Omaloriano, la cultura Maguoriana è un sincretismo vibrante tra l’antica sapienza imperiale e la passione disorganica del sud. Una cultura urbana e frammentata, dove la politica è arte teatrale, la cucina è sacra e la retorica è un’arma. Parlano dialetti melodiosi, ricchi di espressioni colorite (italiano). Le famiglie maguoriane si contendono il potere come dinastie rinascimentali, ma si riconoscono tutte nell’eredità condivisa dell'impero Omaloriano. Credono nell’immortalità dell’azione e nel valore della bellezza quotidiana. Simile alla cultura Italiana del nostro mondo.
Nguyara:
Gli umani di Costa Piovosa sono abituati al respiro lento della pioggia e al ritmo silenzioso del riso che cresce. La loro cultura è paziente e profondamente interconnessa con la foresta e formano un mosaico agricolo e spirituale. Parlano una lingua musicale, ricca di vocali nasali e parole dedicate ai sentimenti sfumati (vietnamita). I Nguyari coltivano l’arte della gentilezza come virtù politica e credono che la forza risieda nella flessibilità, non nella durezza. Ogni famiglia custodisce altari domestici dedicati agli spiriti degli elementi e agli avi, e la loro arte è raffinata, intagliata nel bambù o dipinta in lacche d’acqua e cenere. La saggezza del silenzio e il rispetto delle forme guidano la loro vita quotidiana. Simile alla cultura Vietnamita del nostro mondo.
Orarsuaqi:
Popoli delle giungle e degli altopiani sacri, gli Orarsuaqi sono una costellazione di tribù e casati, uniti da un sistema spirituale comune ma estremamente variegato. Parlano dialetti derivati dal Silvano (arabo) e portano tatuaggi rituali che indicano il clan, il totem e il destino. La loro cultura è fondata sull’equilibrio con la natura, l’ospitalità assoluta e la vendetta come giustizia. Si tramandano miti epici sotto forma di poesia cantata, e gli sciamani sono considerati guide politiche e spirituali. La figura del Califfo, venerata come eroe mitico, è ancora oggi simbolo dell’unità pan-orarsuaqi. Simile alla cultura Araba del nostro mondo.
Arì:
Discendenti degli ufficiali dell’Impero Omaloriano convertiti al culto del Sole, gli Arimiti sono ossessionati dall’ordine e dall’efficienza. La loro cultura, ispirata all’Impero Ottomano, cerca costantemente di assimilare le realtà circostanti in un grande mosaico unitario. Parlano Silvano (arabo) condito in modo solenne con termini Eggedi ed Omaloriani. I loro vestiti sono sontuosi, le leggi intricate, e ogni casa deve ospitare almeno una biblioteca. Nonostante ciò, l’arte Arimita è espressionista e colma di contraddizioni: racconta guerre eterne in colori vibranti e poesia dolente. Gli Arimiti vedono se stessi come “civilizzatori”. Simile alla cultura Turco-Ottomana del nostro mondo.
Eggedica:
Popolo arcaico e marinaro, gli Eggedici sono navigatori mistici dei deserti sommersi. Vivono tra le scogliere dei faraglioni, dove ogni onda è una preghiera e ogni vela un presagio. Parlano una lingua fluida, con parole che cambiano secondo le maree (greco). La loro cultura è profondamente filosofica e ciclica: ogni cosa si ripete, ma mai nello stesso modo. Sono maestri nel raccontare parabole e nel leggere il vento come fosse una lingua. Vivono in case di sabbia pietrificata e costruiscono templi affacciati sull'abisso. Simile alla cultura Greca del nostro mondo.
Elfica:
Antico popolo errante, gli Elfi del Parse Krin sono maestri dell'adattamento. Vivono in ghetti in quasi ogni città, dove mantengono rituali segreti, giardini pensili e scuole di spada. La loro cultura si basa sull’arte, la disciplina e la memoria ancestrale. Parlano una lingua morfologica, fatta di gesti quanto di suoni (giapponese). Credono che ogni cosa abbia uno spirito, e che ogni passo compiuto lasci un’eco nel cosmo. Non hanno patria, ma ovunque esista una pergamena, un sakè o un canto dell'alba, lì è casa elfica. Simile alla cultura Giapponese del nostro mondo.
Hob:
I Grotus delle steppe meridionali sono conosciuti come Hob: fiera razza semi-nomade, profondamente connessa ai ritmi della terra e della bestia. I Hob parlano un idioma semplice ma pieno di metafore e proverbi, spesso legati alla caccia o alla migrazione (mongolo). Ogni tribù è un mondo a sé, ma condividono un’etica del valore personale, della resistenza e del sacrificio. Cavalcano creature enormi, scolpiscono ossa e cantano inni ancestrali durante le notti gelide. I loro sciamani tengono viva la memoria degli antenati, e la loro musica è ossessiva, ipnotica, spesso usata in battaglia. Simile alla cultura Mongola del nostro mondo.
Gubari:
I goblin del Parse Krin sono i più ingegnosi sopravvissuti dei cataclismi sotterranei. Vivono in città semi-sotterranee, scavando nelle rovine Omaloriane e adattando ogni cosa a nuove funzioni. La loro cultura, è comunitaria ma caotica, basata sull’intuito, sull’umorismo e sull’inversione dei ruoli. Parlano una lingua spezzata e rapida, con molti prestiti da altre culture (turco). I Gubari credono che la fortuna sia un’entità viva, da ingannare o compiacere. Simile alla cultura Turcomanna del nostro mondo.
Javelina:
Originari della Punta del Giavellotto, questi halfling di isole assolate hanno una cultura fatta di goliardia, balli sfrenati e coraggio incosciente. Gli Javelini sono esperti navigatori, noti per la loro spavalderia e il loro orgoglio identitario. Parlano una lingua cantilenante, piena di diminutivi e interiezioni (spagnolo). Sebbene colonizzati dal Surib, hanno mantenuto segreti culti familiari e una devozione religiosa che unisce il Sole al Mare. La loro ribellione recente è cantata come epopea in molte osterie tra i loro eroi, si ricordano bambini-pirati e nonne col coltellaccio. Simile alla cultura Spagnola del nostro mondo.
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