Sessione 37 - Il Grande Mercato e il Cimitero Report | World Anvil | World Anvil

Sessione 37 - Il Grande Mercato e il Cimitero

General Summary

A
vvolto dal caos della sala comune de L'Ultimo Braciere all'ora di pranzo, il gruppo si ragguaglia reciprocamente sulle recenti informazioni ottenute iniziando poi a riflettere su di esse. Mentre il vociare ed il brusio degli avventori, il tintinnìo dei piatti e dei boccali e lo scoppiettare del vicino focolare coprono ogni altro suono, Goldrick, Karak, Lucien e Tiresio si sentono abbastanza tranquilli da condividere tutto quello che passa loro per la testa senza correre il rischio che qualcuno possa origliarli. Così, dopo che il paladino afferma di aver assistito durante la funzione religiosa di poco prima ad un sermone illuminante di Zvoral che crede lo aiuterà ad affrontare meglio la perdita di Dahlia e dopo che il warlock invece confessa agli altri di non aver trovato nulla di particolarmente interessante nelle sue ricerche alla Basilica sulla chiesa di Ezra, Tiresio e Karak raccontano della conversazione e delle notizie ricevute da Todor, destando un certo interesse da parte di tutti. Se da un lato, infatti, non possono dirsi soddisfatti per eventuali novità collegate al Caso Novak che non sono arrivate da Todor come speravano, dall'altro l'informazione riguardante le strane attività di piccoli gruppi di forestieri nel Quartiere Povero sono motivo di confronto tra di loro. In particolare, Lucien ipotizza un collegamento tra i Tre Anelli Bianchi e tali attività, facendo rientrare quest'ultime tra quelle dell'organizzazione stessa. "In fin dei conti", propone il warlock accigliato, "noi abbiamo trovato alla Casa del Lamento un biglietto che esorta ad incontrarsi proprio qui a Sturben. Magari non è il solo... magari ve ne sono altri, destinati ad altri individui che dovevano e devono ancora arrivare in città con uno scopo preciso prima della fine dell'anno. Ormai non manca molto...". Non scartando per nulla l'idea del giovane, i compagni provano a proseguire su tale linea addentrandosi nella vicenda. "Tutto potrebbe avere a che fare anche con Zar'gron...", esclama Karak, seguito poi dalla riflessione di Goldrick. "Mi chiedo per fare cosa di preciso", pensa ad alta voce il paladino, "pare quasi che si stiano organizzando per qualcosa...". "Tutto sembra condurre a qui e ad adesso", chiosa Tiresio, "eventi e flussi diversi che paiono convergere in uno soltanto. Ma sono solo supposizioni...". A tali parole, il gruppo pare realizzare le sottili e fragili fondamenta sulle quali si basa il loro ragionamento, sprofondando in un silenzio assordante di incertezza e dubbio. Un silenzio che nemmeno la cacofonia della locanda è in grado di soverchiare. "E' comunque meglio di niente", osserva però a quel punto Lucien come per dare e darsi nuova speranza, "ora abbiamo un'informazione che fino a poco fa non avevamo. Può esserci utile. L'unica cosa che dobbiamo fare è approfondire la questione visto che la pista potrebbe essere giusta". Goldrick e Tiresio, ma soprattutto Karak, rinfrancati da quell'osservazione, annuiscono convinti mentre il warlock continua a parlare. "Tuttavia abbiamo ancora tempo e non dobbiamo nè avere fretta nè essere precipitosi. Muoviamoci con cautela e comunque dobbiamo nel frattempo portare avanti anche le indagini sul Caso del cimitero. Entro domani a quest'ora Todor potrebbe darci qualche informazione in più in proposito ma proporrei di iniziare a muoverci per conto nostro fin da dopo pranzo". Ancora una volta, il resto del gruppo annuisce convinto concordando con il ragazzo ed alla fine, mentre la discussione prosegue tra una portata e l'altra, viene deciso di parlare come prima cosa con Pavel Vogorad, unico testimone diretto degli smottamenti, per poi svolgere entro il tramonto una prima ricognizione esplorativa al cimitero. Così, quando mezz'ora più tardi il gruppo finisce di mangiare, lascia la locanda che ormai inizia a svuotarsi e, salutando la sempre sorridente ed indaffarata Eike, si inoltra per le vie di Sturben in direzione del Grande Mercato. Lì infatti, Pavel gestisce una bancarella del pesce ed il gruppo spera di rintracciarlo prima che se ne vada nel pomeriggio. Man mano che i quattro si avvicinano alla piazza principale della città dove sorge il mercato, i passanti, i carri e le carrozze aumentano per la strada sempre più trafficata e con loro cresce d'intensità anche una peculiare commistione di suoni. I passi ed il vociare sguaiato dei popolani, il ritmico battere degli zoccoli dei cavalli sul lastricato della via ed il tipico cigolìo dei carri in movimento riecheggiano nell'aria fredda e cupa appena rischiarata dai raggi del sole, coperto quasi interamente da nuvole grigie e minacciose. Quando infine giungono sul limitare del mercato, poi, quella stessa confusione li assale definitivamente con ancor più forza, sovrastando qualunque altra cosa. In essa, in un costante e infinito brusìo, una marea di persone si muovono in ogni direzione, intente a svolgere i propri affari e ad acquistare i prodotti e le merci più svariate. Beni alimentari, vestiario, utensili di ogni tipo. Le bancarelle all'immediato esterno del Grande Mercato propongono praticamente qualunque merce, seppur di qualità piuttosto bassa. E tra l'infinito via vai di potenziali clienti, molti venditori cercano di attirare l'attenzione dei compratori urlando a squarciagola la bontà dei propri prodotti. In quel soverchiante, caotico e mutevole mosaico di genti, suoni e anche profumi, tuttavia, Karak riesce a distinguere chiaramente un odore. Un odore a lui estremamente familiare, inconfondibile. Pesce fresco. Considerato il mestiere del loro obiettivo Pavel, il gruppo segue senza esitazione il naso del lucertoloide riuscendo infine a portarsi, oltrepassando una vera e propria fiumana quasi impenetrabile di popolani, nella zona occidentale della piazza. Qui, effettivamente, si rendono conto della presenza di svariate bancarelle dedicate alla vendita di pesce di ogni tipo che emanano effettivamente il loro caratteristico odore, ora manifesto anche a Goldrick, Lucien e Tiresio. Non perdendo tempo, i quattro cercano di individuare subito tra di esse quella appartenente a Vogorad basandosi sulla scarna descrizione dell'uomo di cui dispongono nel documento in loro possesso. Mentre il bardo, memore dei timori espressi poco prima da Todor riguardo le pericolose "persone" che agirebbero nel Quartiere Povero, si guarda attorno con circospezione cercando di capire, invano però, se per caso qualcuno dopo il loro incontro con Todor stesso sia intento a tenerli d'occhio o a seguirli, gli altri scovano alla fine Pavel. Un uomo di mezz'età dai capelli e barba castani e incolti, gli occhi apparentemente spenti e gli abiti semplici, sporchi di fango e sangue di pesce. Intento a servire un'anziana popolana, egli non nota minimamente il gruppo fin quando esso non si presenta proprio davanti a lui dopo che la donna se ne è andata. La sua iniziale disponibilità nei loro confronti credendo si tratti di altri clienti, tuttavia, si dissipa immediatamente qualche istante più tardi quando Lucien, presa la parola e presentatosi, comincia a fargli domande sulla testimonianza da lui fornita alla Milizia riguardante la tomba della moglie. Pavel si dimostra fin da subito sospettoso verso di loro cercando poi di scacciarli malamente dopo aver chiarito di non essere intenzionato a parlare con chi non conosce e non fa parte della Milizia. Ma le sue parole, tuttavia, tradiscono dell'altro. Il gruppo infatti comprende che probabilmente, oltre alla effettiva riluttanza a condividere informazioni con degli estranei qualunque come loro, l'uomo ha paura. Paura, forse, delle possibili ripercussioni che potrebbe avere una sua ulteriore testimonianza sulla faccenda. Paura di ciò che non solo la gente ma anche lo stesso culto di Ezra potrebbe pensare o addirittura fare nei suoi confronti. La ritrosia dell'uomo lo fa diventare irascibile e intrattabile ma a quel punto, sapendo l'importanza delle informazioni che Pavel potrebbe fornire loro, il warlock decide di forzare la mano ricorrendo alla sua capacità di influenzare le menti altrui e di piegarle alla sua volontà. Come già aveva fatto in precedenza con il padre della piccola Almira, Lucien utilizza tale potere e nel farlo si verifica lo stesso scenario. Una forza improvvisa, selvaggia e dirompente erutta da dentro di lui, una forza di cui egli non conosce né l'esistenza né la natura. Una marea irrefrenabile che quasi lo travolge, lo sommerge e lo annega sotto le sue onde. Quasi, però. Perchè anche stavolta, come l'altra volta, il ragazzo riesce a non farsi soverchiare da quella forza e ad arginarla, plasmarla ed incanalarla secondo il suo volere, potendo utilizzarla per esercitare un'autorità su Pavel. Questa volta, tuttavia, a differenza della prima, Lucien avverte inoltre qualcosa di diverso. Oltre a comprendere di essere in grado di farsi obbedire ciecamente dal pover'uomo, egli capisce di essere in qualche modo riuscito a padroneggiare quell'enorme energia che scaturisce da dentro di sé, realizzando anche la sua provenienza. La sua metà elfica, infatti, sembra rappresentare l'origine di tale energia, riconducibile ad un'eredità di sangue strettamente legata e discendente dai folletti, esseri originari di un mondo selvaggio molto distante. In particolare, il suo retaggio risale ai leShay, creature fatate estremamente somiglianti ad un elfo alto ma di statura maggiore, dai lineamenti ancora più netti e affilati, le orecchie più lunghe e sottili, la pelle ed i capelli candidi e gli occhi, privi di pupilla ed iride, completamente dorati. Essi rappresentano i capostipiti della razza elfica, esseri dal portamento regale e dal fascino ultraterreno, propri dei folletti più potenti. Nel rendersi conto di ciò, Lucien è tanto stupito e spiazzato quanto anche orgoglioso. Il suo essere mezzosangue, e la sua metà elfica soprattutto, oggetto di sospetti e a volte scherno in passato, può adesso rivelarsi un prestigioso valore ed una preziosa risorsa e non più motivo di discriminazione. Il warlock, tuttavia, consapevole dell'importanza del momento prioritario per tutto il gruppo e del fatto che la sua influenza magica sull'uomo è destinata a scemare nell'arco di poco tempo, decide di mettere da parte tali ragionamenti e rimandarli a più tardi, per concentrarsi invece sul suo obiettivo attuale. Così, egli riprende ad incalzare Pavel con le sue domande e stavolta l'uomo si dimostra completamente collaborativo. Non solo, però. Il venditore di pesce infatti è del tutto affascinato da Lucien e, pendendo dalle sue labbra in un atteggiamento del tutto opposto a quello avuto soltanto pochi istanti prima, si calma improvvisamente e gli risponde senza esitazione e timore, come ipnotizzato. Egli, allo stesso modo di Goldrick, Karak e Tiresio, può scorgere il warlock con un aspetto diverso, che però Lucien non può cogliere. Come se quest'ultimo fosse divenuto alto più di due metri, dai lineamenti scolpiti ed affilati, circondato inoltre da un'aura brillante multicolore contenente tutte le sfumature dello spettro visibile. Un aspetto regale, intimorente ed affiscinante al tempo stesso, un aspetto che condiziona ed obbliga Pavel, completamente catturato da esso, a dire tutto quello che sa in merito alla faccenda e che sbalordisce i compagni di Lucien che assistono attoniti a tale scena. Tuttavia, anche questi ultimi, ben sapendo l'importanza di quel frangente, rimangono in disparte lasciando fare al giovane ciò che deve e rimandando eventuali domande ad un secondo momento. Perciò, senza alcuno ostacolo e difficoltà, il gruppo ottiene infine da Pavel le risposte che cerca. Esse però non fanno altro che confermare la testimonianza già fornita dall'uomo alla Milizia ed i suoi timori riguardanti eventuali conseguenze per se stesso che loro avevano già intuito. Timori talmente radicati e profondi da far scoppiare l'uomo in un pianto disperato, anche per via del ricordo dell'adorata moglie in qualche modo "sporcato" dal suo interrotto eterno sonno. Nel consolare Pavel sentitamente, Lucien a quel punto lo rassicura sul fatto che nessuno verrà a sapere della sua testimonianza e che nessuno gli farà del male, sottolineando come il gruppo farà il possibile per indagare e chiarire la faccenda in modo da garantire alla defunta il riposo che merita. A tali parole, seppur ancora provato ed in lacrime, Pavel sembra calmarsi e rincuorarsi dimostrando fiducia nei loro confronti e nel loro operato. Così, promettendogli aggiornamenti in merito nel prossimo futuro, il gruppo lo saluta definitivamente lasciandolo ai suoi pensieri. Allontanandosi dalla bancarella, nel caos opprimente del mercato che torna ad assediarli dopo qualche minuto durante i quali la loro attenzione era stata attirata da altro, il gruppo ragiona sulle informazioni appena acquisite. "Niente di nuovo, purtroppo", osserva Goldrick incrociando lo sguardo di conferma ed in parte di delusione degli altri. "Almeno sappiamo che la testimonianza è attendibile, è un punto di partenza", aggiunge Karak. Mentre i due sono intenti a parlare, tuttavia, le menti di Tiresio e Lucien vagano altrove. Il primo, infatti, riprende a scandagliare la marea di persone che li circondano in cerca di qualche sospetto che li stia osservando o seguendo. Ma fra di esse, tra due donne intente a provare ed acquistare dei grembiuli, un anziano urlante che bisticcia con un cliente alla sua bancarella di attrezzi per contadini e dei ragazzi impegnati a caricare alcuni sacchi su un carro il cui unico cavallo a stento viene tenuto tranquillo da un uomo di mezz'età, non sembra possa esservi nessuno di pericoloso o sospetto. Il secondo, invece, facendosi strada tra i passanti, si trova a rimuginare inevitabilmente su quanto avvenuto poco prima. Quella forza di cui dispone, quel "dono" che la sua stessa discendenza gli ha porto su un piatto d'argento, può senza dubbio rivelarsi un'importante risorsa per il futuro. Ancora, percepisce, non ne ha il pieno controllo e ciò forse sarà possibile soltanto con il tempo ma adesso comunque avverte che potrà usare tale forza quando vorrà, essendo in grado di scatenarla a piacimento. Insieme ad un certo senso di sicurezza che ciò gli conferisce rendendogli quindi possibile influenzare a volontà e con maggiore facilità di quanto già non fosse in grado di fare con le sue capacità i pensieri e le azioni della gente, però, un'altra sensazione si fa largo nel warlock. Curiosità. Curiosità a questo punto di sapere chi fosse veramente l'antenato leShay da cui discende e da cui ha ereditato tale potente capacità. Una sensazione che però, subito dopo essere emersa, decresce rapidamente nel momento in cui il giovane rimembra la triste fine della sua famiglia a Scholomance e pertante l'impossibilità di porre tale domanda agli unici in grado di rispondervi. "Non lo saprò mai", pensa tra sé e sé fissando distrattamente il vuoto. Karak e Goldrick, accanto a lui mentre tra la folla procedono ad allontanarsi da quella zona del mercato, colgono la concentrazione del compagno completamente assorbito in qualche pensiero e, guardandosi l'un l'altro, sebbene siano un pò riluttanti nell'approfondire una questione che potrebbe anche rivelarsi personale, concordano alla fine nello sfruttare l'occasione per chiedergli cosa è successo poco prima con Pavel. Le loro domande in merito sono molteplici ed attendono con interesse una risposta, credendo che questo sia il momento giusto per ottenerla anche perché la loro impressione è che il warlock stia meditando proprio su di essa. Ma proprio nel momento in cui i due stanno per porre la domanda, Tiresio interrompe bruscamente non solo i loro pensieri ma anche quelli di Lucien. "Avete sentito?", chiede improvvisamente agli altri il bardo, fermandosi di colpo in mezzo alla piazza e guardandosi intorno freneticamente in cerca di qualcosa. Lo stupore e la risposta negativa dei compagni però non interrompono l'attenzione del bardo rivolta a scrutare l'ambiente intorno a loro. Egli, infatti, mentre era intento ancora a controllare l'eventuale presenza di "curiosi" interessati a loro, è convinto di essere riuscito a cogliere un grido elevarsi al di sopra dell'assordante cacofonia che li circonda. Un urlo agghiacciante di donna, una richiesta disperata di aiuto. Dubbioso tuttavia di poter essersi confuso, Tiresio rimane per un attimo immobile in ascolto ma quando il grido torna nuovamente a riecheggiare nell'aria, egli a quel punto è sicuro di non sbagliarsi. Informando gli altri di cosa ha sentito e senza nemmeno attendere una loro risposta in merito, inizia a muoversi in quella direzione accelerando sempre più il passo. I compagni, increduli sul fatto che soltanto egli possa aver udito ciò in tutto quel caos, prendono comunque a seguirlo cercando di farsi strada a loro volta tra la folla. Alla fine il gruppo riesce a lasciarsi alle spalle la movimentata piazza e si dirige verso ovest, dando retta alle orecchie del bardo finché, inoltratisi nelle strade limitrofe, le urla riecheggianti divengono finalmente manifeste anche agli altri. Una donna effettivamente sta gridando aiuto e lo sta facendo con un tono estremamente disperato, in una situazione che si direbbe critica. Le urla paiono inoltre scaturire da qualche parte lì vicino ed i quattro pertanto prendono a correre, sempre guidati da Tiresio, nella direzione da cui tali grida sembrano provenire. Mentre speditamente superano ed incrociano numerosi passanti, carri e carrozze lungo la via, notano che nessuno di essi ha apparentemente sentito la richiesta d'aiuto e ognuno di loro sta proseguendo con le proprie attività come se nulla fosse. Dopo aver schivato per un soffio una carrozza in corsa che quasi li travolge e aver oltrepassato alcuni manovali intenti a scaricare delle casse da un carro ad un angolo della strada, il gruppo percorre velocemente una larga via svoltando poi in una strada laterale. Lì, all'imbocco di uno stretto e buio vicolo, assistono ad una scena che fa capire loro di essere giunti nel posto da cui provenivano le urla. Due uomini, infatti, vestiti con abiti da mendicanti stracciati, logori e sporchi, stanno tentando di trascinare con la forza una ragazza nelle profondità oscure del vicolo. Lei sta disperatamente cercando di opporsi e di sottrarsi alla loro presa ed un terzo uomo, anch'egli probabilmente un senzatetto, sta cercando di aiutarla ma nel farlo è stato gettato e bloccato a terra da uno dei due uomini. A quella vista, il gruppo decide senza esitazione di intervenire in soccorso della giovane popolana e del mendicante. Mentre Karak e Goldrick scattano per avvicinarsi alla colluttazione, Tiresio e Lucien usano i loro incantesimi dalla distanza per cercare di porre fine a ciò che sta accadendo. Ed i due, effettivamente, ci riescono. Mentre il warlock crea sull'altro lato del vicolo l'illusione di un miliziano armato di arco e frecce puntate sui due aggressori per intimidirli, il bardo usa un'abilità disorientante su uno di essi, sperando di frenare questi ultimi. Ma lo shock dell'incantesimo di Tiresio è troppo grande per il mendicante che, con gli occhi sbarrati in una smorfia di dolore, paura ed incredulità, si accascia al suolo come un sacco vuoto. Morto. La ragazza, a quel punto libera dalla sua presa, nel realizzare però il fato dell'uomo grida a squarciagola il proprio terrore mentre sgrana gli occhi e, tenendosi la testa fra le mani, scoppia in lacrime accovacciandosi al suolo con le spalle al muro di un edificio adiacente. In quel momento, anche il secondo aggressore realizza cosa è accaduto e, notando anche il miliziano illusorio che però sembra reale ai suoi occhi, alza le mani in segno di resa e, tremante, si getta a terra in ginocchio. Così, quando il paladino ed il ladro raggiungono il centro del vicolo, la minaccia si è già dissolta. La ragazza sembra stare tutto sommato bene e non essere ferita e lo stesso vale anche per il terzo uomo che si sta ormai rialzando da terra da solo, seppur barcollando vistosamente tanto da doversi appoggiare ad una parete vicina. In pochi istanti, quindi, grazie all'intervento del gruppo, il pericolo cessa e la situazione si tranquillizza definitivamente. Ma essi non hanno tempo per fare altro poichè dalla stessa strada da cui sono arrivati, proprio in quel momento una ronda di miliziani sopraggiunge di corsa, allertata da alcuni passanti che finalmente hanno dato l'allarme. Le guardie prendono subito il controllo della zona e delle operazioni, allontanando un capannello di curiosi che iniziano ad affacciarsi sul vicolo ed interrogando i presenti su cosa sia accaduto. Un miliziano sulla cinquantina che pare il comandante della ronda ascolta con attenzione le testimonianze del gruppo, del terzo uomo e della ragazza che alla fine viene fatta rialzare e tranquillizzata dall'ufficiale. Nel realizzare che tutte coincidono nei tempi e nei modi e che anche il mendicante sopravvissuto confessa quanto ha cercato di fare tentando di giustificarsi invano, il miliziano comprende come si sono svolti i fatti senza indugiare troppo in complicati ragionamenti e supposizioni. Dopo una veloce occhiata al vicolo e un controllo sul cadavere del mendicante, il miliziano prende appunto come atto dovuto dei nomi dei coinvolti nella faccenda, compreso il gruppo che lo avvisa di come sia alle dipendenze di Pavlic, affrancandoli poi da ogni responsabilità. "Mi sembra chiaro come si siano svolti i fatti", riassume con aria impassibile, "la ragazza è stata vittima di un aggressione da parte dei due uomini. Quest'uomo prima e voi poi siete intervenuti per aiutarla. Nella colluttazione c'è scappato il morto anche se le due vittime stanno bene. Direi che si tratta senza alcun dubbio di legittima difesa. Abbiamo preso nota dei vostri nomi e di quanto accaduto. Per la Milizia la faccenda si conclude qui, a parte ovviamente la pena che il secondo aggressore dovrà scontare. Se dovessimo averne bisogno vi contatteremo ma non credo sarà necessario. Adesso potete andare". Senza dare al gruppo nemmeno il tempo di chiedere o aggiungere altro, il miliziano a quel punto si allontana da loro dando ordini ai suoi sottoposti di tenere chiusa l'area fin quando il cadavere non sarà rimosso e di accompagnare a casa la ragazza vittima dell'aggressione. Mentre le guardie sono pertanto intente a parlare e prima che la giovane sia scortata via, il gruppo ha l'opportunità di scambiare due parole con lei. Ancora estremamente provata da ciò che ha vissuto, con le lacrime che tutt'ora le solcano il volto arrossato e parti del suo vestito brutalmente strappate, ella rivela di chiamarsi Neda e ringrazia sentitamente i quattro per essere accorsi in suo aiuto. "Senza di voi mi avrebbero... mi avrebbero...", sussurra quasi, visibilmente logorata da quell'esperienza, non riuscendo a concludere la frase. Il gruppo si limita a sua volta ad accettare la sua gratitudine senza aggiungere altro, non volendo turbarla oltre e permettendole quindi di essere subito accompagnata alla sua abitazione. Proprio mentre la ragazza si allontana, l'uomo che insieme al gruppo l'ha aiutata coglie l'occasione per avvicinarsi a Goldrick, Karak, Lucien e Tiresio. Presentandosi come Dmitri, egli rivela di essere un mendicante proprio come i due aggressori ma a differenza loro per nulla intenzionato a far del male al prossimo. "Per quanto miserabili", sentenzia con voce grave e rauca, "la disperazione della nostra condizione non ci autorizza alla violenza. Quegli uomini non possono essere giustificati per quello che hanno fatto e per quello che volevano fare. Per fortuna il vostro intervento ha salvato quella fanciulla, io da solo era già stato immobilizzato", afferma l'uomo toccandosi la malconcia guancia sinistra. A quel punto, parlando con lui, il gruppo può finalmente osservarlo meglio. L'uomo, sui 65 anni, dai lunghi e incolti capelli e barba bianchi e dagli occhi grigi, è di bassa statura e sembra avere una corporatura robusta ma un'andatura goffa e incerta anche a causa di una pronunciata zoppia. I suoi abiti scuri, logori e stracciati, sono anche sporchi e visibilmente ricuciti e raffazzonati in più punti. E' inoltre evidente in lui la spossatezza in conseguenza dello scontro avuto non solo per il suo aspetto generale, chiaramente provato, ma anche per via di alcuni leggeri lividi ed abrasioni sulle braccia e sulle mani oltre che sul volto e sulla appunto guancia sinistra in particolare. Le sue parole ed i suoi modi comunque colpiscono il gruppo che nota in lui un animo buono ed altruista nonostante la sua condizione. "Non tutti sarebbero accorsi in nostro aiuto", conclude Dmitri, "anzi, per mia esperienza posso dire che non sarebbe arrivato nessuno. Vi ringrazio. Vista la mia condizione non ho modo di sdebitarmi con voi a parte le mie parole ma vi prometto che se se ne presenterà l'occasione ripagherò il mio debito, un giorno o l'altro". I quattro, e soprattutto Goldrick, a quella frase si affrettano non solo ad accettare i ringraziamenti di Dmitri ma anche a non farlo sentire obbligato a sdebitarsi verso di loro. L'uomo però si dimostra convinto di ciò e lo ribadisce ancora una volta prima di salutare il gruppo definitivamente con un sorriso accennato, scomparendo poi in lontananza tra le strade di Sturben. Rimasto a questo punto solo, il gruppo osserva la Milizia gestire la situazione mentre altre guardie giungono sul posto ed il capannello di passanti viene progressivamente disperso. Lì, in disparte, all'angolo della strada, essi si trovano inevitabilmente a riflettere su quanto accaduto quasi dimenticandosi di fatto di quanto avvenuto poco prima con Pavel e di tutti i pensieri che ciò aveva scatenato in loro. I loro sguardi finiscono su alcuni ortaggi sparpagliati un pò ovunque sulla pavimentazione dell'ingresso del vicolo in cui vi è stata l'aggressione. Alcuni di essi, in realtà quasi tutti, sono stati calpestati nella concitazione degli eventi ed adesso risultano praticamente immangiabili. Insalata, pomodori, patate, qualche mela e un tozzo di pane. Tutti spiaccicati a terra e cosparsi di polvere, terra e sporcizia. I resti, a giudicare dal racconto di Neda, della spesa della fanciulla che sono inevitabilmente caduti a terra quando i due mendicanti l'hanno afferrata e trascinata nel vicolo. Finora non li avevano notati nella tensione del momento ma il gruppo ha la definitiva conferma delle intenzioni dei due aggressori. Non erano interessati a rubare del cibo. Erano interessati ad altro. Nel provare un'ondata di disgusto, Lucien prende la parola. "Devo dire che sono sorpreso dalla calma e dalla velocità di quel comandante della Milizia nel risolvere un caso così increscioso. Un atteggiamento quasi disinteressato e sbrigativo...". "Credo che sia dovuto al fatto che di episodi come questi se ne vedono a decine ogni giorno qui in città", prova a rispondere Karak, "le loro dinamiche sono scontate ed è brutto da dire ma ad un certo punto ci fai il callo...". Per quanto fredde e ciniche, le parole del lucertoloide risuonano tristemente veritiere alle loro orecchie. Ma in quel momento è Tiresio ad attirare l'attenzione di tutti gli altri. Il bardo, infatti, rimasto stranamente in silenzio fino ad allora, pare turbato e scosso da quanto accaduto. Nell'indagarne il motivo, i compagni ottengono una sua confessione. "Non volevo uccidere quel poveraccio", esclama con tristezza e dolore, "volevo spaventarlo. Avrei potuto immobilizzarlo, bloccarlo, inventarmi qualcosa... qualunque cosa... ma invece mi sono macchiato di un crimine contro un indifeso... a sangue freddo...". Le parole più volte ripetute dal bardo, perso in un vortice apparentemente infinito di sensi di colpa, preoccupano gli altri che cercano di rincuorarlo facendogli capire di aver esclusivamente agito per il bene di qualcun altro, di essere intervenuto con buone intenzioni per salvare chi si trovava in pericolo e che la morte di quel mendicante si è rivelata essere purtroppo un incidente. Il bardo tuttavia non accenna a tranquillizzarsi rivelando anche come non fosse del tutto lucido in quel momento. "Il racconto di Pavel, di come ha visto la bara di sua moglie vuota ed il suo corpo mancante mi ha scombussolato. Ho pensato a mia moglie e a cosa avrei fatto io al posto di Vogorad... non ero in me quando siamo accorsi qui...". Visto lo stato in cui si trova il compagno, Karak a quel punto interviene per cercare di risollevarlo. "Hai agito animato da buon cuore", afferma con decisione, "purtroppo c'è stato un incidente ma non è stata colpa tua. E' vero che... come dite voi umani? Ah, si... 'La via per l'inferno è lastricata di buone intenzioni', ma non è decisamente il tuo caso, Tiresio. Non è il tuo caso". Tali parole, pronunciate con sincerità e vicinanza, così come gli sguardi di positività che Goldrick e Lucien gli riservano, fanno breccia nell'animo del bardo che, sentendosi tranquillizzato, pare tornare più sereno scacciando dalla propria mente i brutti pensieri ed il senso di colpa. Concorde nel ritenere terminati i loro affari in quel luogo, a quel punto, il gruppo decide di rimettersi sulla propria via, lasciandosi alle spalle tutto quello che gli è accaduto con Pavel, Neda e Dmitri e riprendendo il filo della loro indagine. Così, mentre in lontananza notano l'aggressore superstite, rassegnato ed in silenzio, venire portato via dalla Milizia, essi abbandonano quell'angolo di città nei pressi del Grande Mercato per dirigersi nuovamente verso quest'ultimo. Prima di raggiungere il cimitero, infatti, Lucien è intenzionato a fare alcuni rapidi acquisti ed il resto del gruppo pertanto lo accompagna. Quest'ultimo quindi fa ritorno nell'affollata piazza che circonda il mercato e poi, per la prima volta, decide, mosso anche da una certa curiosità, di avventurarsi all'interno dell'edificio vero e proprio del Grande Mercato stesso. Una volta entrati da uno dei grandi tre ingressi facendosi strada attraverso la solita fiumana di persone, i quattro si ritrovano in un ambiente ampio e stupefacente. La struttura, chiusa e circolare, corre e si incurva davanti a loro effettuando un giro completo, racchiudendo al suo centro un cortile anch'esso occupato da svariate bancarelle e sviluppandosi su due piani particolarmente alti. Il soffitto, collocato all'incirca ad un'altezza di dieci metri dal suolo, è composto da enormi travi in legno che sorreggono la struttura e che sovrastano appunto due differenti piani. Il primo, ovvero il piano terra su cui si trovano i quattro, non è altro che una camminata tra le bancarelle, i negozi e le botteghe che si aprono ovunque sui due lati mentre il secondo, anch'esso popolato da numerose bancarelle, non possiede un vero e proprio pavimento ma è in pratica costituito da una doppia balconata che si dipana lungo il perimetro dei due lati, collegati di tanto in tanto da sporadici ponti in legno. Ad illuminare l'intero ambiente, una serie di strette finestre poste su entrambi i lati del piano superiore dalle quali filtrano i raggi del sole ma soprattutto, per il piano inferiore, una numerosa serie di torce e lanterne costantemente accese a qualunque ora del giorno. Una galleria, in definitiva, è ciò che il gruppo scorge di fronte a sé, una galleria interamente dedicata agli affari e al commercio e se possibile addirittura più rumorosa, caotica e ingorgata del mercato all'esterno. Qui, infatti, farsi largo tra la folla indaffarata è molto più difficile ed il gruppo deve destreggiarsi con attenzione nel farlo mentre cerca di individuare i negozi utili per gli intenti di Lucien. Alla fine, però, dopo un certo vagare tra quegli infiniti suoni e odori, essi trovano ciò che vogliono ed il warlock può acquistare finalmente un semplice pugnale ed alcuni abiti di basso costo. Convinto di poterne avere bisogno in un modo o nell'altro e soddisfatto di aver trovato ciò che cercava, Lucien da quindi l'assenso agli altri per poter proseguire oltre. Così, i quattro si fanno finalmente strada verso l'uscita della struttura sbucando nella parte settentrionale della piazza. Mentre oltrepassano la fiumana di persone che si trovano di fronte in un freddo e cupo pomeriggio che ormai si sta addentrando nella sua fase centrale, Karak getta istintivamente uno sguardo nei punti in cui qualche giorno prima aveva scorto quegli strani piccoli triangoli rossastri disegnati su alcuni muri perimetrali della piazza. Con suo stupore, egli nota che questi non ci sono più, apparentemente scomparsi senza lasciare traccia. Inizialmente pensieroso a tal proposito, il lucertoloide però rimembra poi di aver assistito in passato e di essere a conoscenza di segnali di questo tipo. Simboli lasciati per trasmettere un messaggio a qualcuno, probabilmente tra ladri, come egli aveva già ipotizzato ma simboli al tempo stesso non comuni. Bensì magici. Incantati. Tracciati da qualche incantatore a questo punto affiliato con organizzazioni ladresche ed a tempo in modo da scomparire dopo il loro utilizzo così da non essere più rintracciabili. Un metodo sicuramente efficace per comunicare e di cui il ladro informa subito i compagni. Essi, stupiti dalle sue conclusioni, si dicono interessati ad approfondire la cosa, magari in qualche modo connessa con le "persone" di cui ha parlato loro Todor o con il mercato nero o addirittura perfino con i Tre Anelli Bianchi, ma solo in un secondo momento. In quel frangente, infatti, preferiscono concentrarsi sul loro incarico e sfruttare il resto della giornata per dirigersi quindi al cimitero come stabilito. Concorde a sua volta, quindi, anche Karak mette momentaneamente da parte la cosa per tornare a concentrarsi sul loro obiettivo. Percorrendo perciò strade nuove ai loro occhi che non hanno mai visitato dal loro arrivo in città, essi giungono dopo circa 15 minuti di cammino proprio all'ingresso del cimitero, nel cuore del Quartiere Ricco e del Castello. Questa è una zona cittadina estremamente tranquilla, con pochi passanti vestiti in abiti distinti, dove il fracasso del mercato e di altre aree pare distante leghe e leghe. Una zona costituita da strade larghe, ben tenute e pulite, sicuramente migliori di quelle delle altre parti di Sturben. Tutt'intorno, poi, gli edifici che caratterizzano il panorama sono alti, imponenti, curati e di bell'aspetto, parzialmente immersi anche in una moderata vegetazione decorativa composta da piccoli giardini, cortili, vasi sui davanzali delle finestre ed edere sui muri di quelle che si rivelano essere vere e proprie ville abitate da famiglie abbienti. Uno scenario privilegiato, popolato dalla classe ricca e nobile della cittadina. Uno scenario molto diverso dal resto di Sturben ed in particolare dal desolato e lasciato a sè stesso Quartiere Povero. Notando quell'evidente differenza con rammarico e tristezza, il gruppo comunque non vi indugia per troppo tempo essendo ormai purtroppo consapevole e rassegnato a tale situazione e prosegue invece determinato entrando nel luogo di sepoltura. Qui, avvolti da un'atmosfera di estrema calma e pace dove solo il lieve sospiro di un vento appena sollevatosi accompagna il silenzio interrotto dai loro passi, i quattro si guardano attorno. Delimitato da un basso ma curato muro di pietra, il cimitero si rivela essere uno spazio moderatamente ampio, circondato dal verde, dal giallo, dal rossastro e dall'arancione di una nutrita vegetazione in pieno clima autunnale. Tra numerosi e stretti sentieri di selciato scuro che si intrecciano e si snodano tra di loro formando una sorta di trama reticolare, le tombe, alternate di tanto in tanto a piccole statue e sculture celebrative, si susseguono una dopo l'altra, affiancate ordinatamente tra di loro e contrassegnate da lapidi grigie. Sebbene tutte riportino incisi su di loro i nomi dei rispettivi defunti, solo alcune sono decorate ed arricchite da epitaffi di sorta. Una fitta e bassa erba verde cresce poi rigogliosamente sui sepolcri, come a ricoprirli delicatamente con una calda coperta. Infine, in alcuni punti, diverse strutture in pietra dall'aspetto simile a piccole casupole eleganti si ergono tra le tombe, allungandosi verso il cielo con le loro guglie appuntite. Inoltrandosi lentamente nel cimitero e scrutandole meglio, il gruppo ha la conferma delle proprie supposizioni. Tali strutture infatti non sono altro che cappelle e luoghi di sepoltura privati appartenenti a famiglie nobili. Veri e propri mausolei familiari. Continuando ad osservare con più attenzione l'ambiente circostante poi, i quattro hanno conferma di ciò che gli era stato detto. Mentre la parte centrale e settentrionale del cimitero, più vaste, sono dedicate ai fedeli di Ezra, le porzioni occidentale, meridionale e orientale sono invece appannaggio di tutti gli altri culti. Ciò è evidente in particolare per un semplice motivo. Le prime infatti sono sicuramente più curate ed in ordine rispetto alle seconde, segno che i sacerdoti della Signora delle Nebbie si dedicano costantemente alla loro manutenzione ed al contrario gli altri cleri, dovendo gestire collettivamente le proprie aree, ne hanno un'amministrazione caotica e per nulla coordinata, variabile di fatto da tomba a tomba. Molte di esse, per l'appunto, sono in parte ricoperte di foglie secche, erbacce o fango oltre che di muschio verdastro cresciuto su delle lapidi leggermente inclinate e rovinate dalle intemperie. Ed anche alcuni dei sentieri di selciato hanno sui loro bordi sterpaglie di brutto aspetto. Nonostante ciò, tuttavia, la vista del cimitero, comunque ben tenuto nella sua totalità, trasmette un'idea ed una sensazione di quiete che fa di esso un bel luogo dove affrontare l'ultimo riposo. Tale sensazione viene chiaramente percepita dal gruppo che, nel rispetto del luogo stesso e dei defunti, si muove in silenzio e con compostezza cercando di effettuare una ricognizione discreta. Così, mentre i quattro cercano di orientarsi tra le tombe in cerca di quelle indicate nel loro documento dalle quali hanno deciso di iniziare le loro investigazioni, prestano la massima attenzione a non infastidire alcuni abitanti intenti a visitare altri sepolcri. Una coppia di mezz'età intenta ad adornare una lapide con un mazzo di fiori freschi, una donna impegnata ad estirpare le erbacce da una tomba sul limitare orientale del cimitero, una ragazza in abiti eleganti e costosi inginocchiata vicino ad un sepolcro quasi al centro del camposanto ed una raffinata anziana invece raccolta in preghiera, in piedi ed immobile di fronte ad un mausoleo nella zona più settentrionale. Oltre ad essi, però, un'altra figura richiama l'interesse del gruppo, dall'altra estremità del cimitero. Quella che pare essere una donna dai lunghi capelli castani ed in abiti sacerdotali, biancastri e grigi, intenta a controllare, pare, lo stato del luogo. Pur da una certa distanza e non potendo discernere altri particolari, Goldrick, Karak, Lucien e Tiresio la identificano comunque come una chierica di Ezra in virtù di come si comporta e di ciò che essi hanno appreso sull'abbigliamento di quel clero e pertanto, alla luce di questo, decidono di muoversi con ancora più circospezione per evitare di attirare la sua attenzione. L'ultima cosa che vogliono infatti, almeno per il momento, è allertare il clero di Ezra sulle loro indagini. Così facendo, perciò, seppur a rilento, alla fine i quattro riescono ad individuare le cinque tombe che stanno cercando, situate proprio nella parte centrale del camposanto. Fingendo di raccogliersi in preghiera vicino ad esse e ripulendole dalle foglie cadute, le scrutano con estrema attenzione notando subito alcuni particolari. Sebbene siano adesso in apparente perfetto ordine, infatti, la terra loro sovrastante e circostante è stata chiaramente smossa di recente così come anche un sentiero loro adiacente. L'erba mancante ed il fango di colore più scuro in svariati punti lo testimoniano senza alcun dubbio. Inoltre, è evidente come la zona delle cinque tombe interessate, tutto sommato vicine le une alle altre, formi una sorta di mezzaluna al cui centro si trova uno dei mausolei. Incuriositi da ciò, Goldrick in particolare si avvicina a quest'ultimo per dargli un'occhiata. L'interno della struttura, buio ma tutto sommato visibile attraverso un cancello in ferro chiuso, pare una piccola cappella con svariate lapidi a decorare i muri ed un'ampia scalinata di marmo che scende verso il basso, scomparendo sottoterra. Oltre alla scritta incisa a grandi ed eleganti caratteri sull'arcata in pietra dell'ingresso che riporta il nome della famiglia proprietaria, ossia Anchev, il paladino viene attratto da altri due dettagli. Non solo la catena ed il lucchetto che tengono chiusa la cancellata sono nuovi proprio a differenza di quest'ultima che invece pare arrugginita in più punti ma su alcuni gradini dell'ingresso del mausoleo sono anche evidenti tracce di fango di stivali che paiono entrare nella struttura. Tracce però parziali, come se qualcuno avesse cercato di ripulirle ma non vi fosse riuscito del tutto, risultato di un lavoro sbrigativo e superficiale. Mentre il paladino si interroga su ciò, tuttavia, e prima che possa comunicarlo agli altri, Karak richiama la sua attenzione così come quella di Tiresio e Lucien. La sacerdotessa, infatti, li sta osservando da lontano con interesse, evidentemente attirata alla fine dal loro strano curiosare. "Credo che si sia accorta di noi", esclama il lucertoloide irritato, "che facciamo?". Proprio in quel momento, senza dare tempo di reagire al gruppo colto alla sprovvista e sparpagliato tra le tombe, la chierica, continuando a fissarli da lontano, inizia a muoversi proprio nella loro direzione...

Rewards Granted

Promessa da parte di Dmitri di sdebitarsi in qualche modo in futuro

Missions/Quests Completed

In soccorso di Neda e Dmitri

Character(s) interacted with

Eike, Pavel, Neda e Dmitri

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Campaign
La Valle delle Foglie Cadute
Protagonists
Report Date
27 Feb 2024
Primary Location
Sturben

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