Scaglia
Motaro si addentrò ancora di più in quel complesso intrigato di grotte sentendo la voce dei suoi inseguitori farsi più vicina. Cercando di nascondersi negli anfratti più bui si infilò a forza in una stretta insenatura che aveva a malapena lo spazio per poterlo contenere, rimase lì per un tempo imprecisato ma che per lui sembrò durare un’eternità, quando l’oscurità che lo circondava venne docilmente rischiarata, in lontananza poteva vedere il fievole chiarore delle torce avvicinarsi.
Decise allora di addentrarsi ancora di più nel cuore della terra per quanto gli fosse possibile, fu in questo modo, con suo stupore, che una delle due pareti scomparì lasciando spazio ad un baratro enorme il cui fondo sembrava senza una fine certa se non la morte. Questa sua preoccupazione venne però spazzata via a sentire nuovamente la voce dei suoi aguzzini provenire dalla stanza adiacente, Motato trattenne il fiato cercando di non farsi scoprire mentre cercava di rimanere nel ridicolo spazio sotto i suoi piedi che lo separava da una morte dolorosa. Quando vide la punta di una torcia passare attraverso lo stretto pertugio da cui era entrato anche lui realizzò di essere davvero nei guai, tentò di arretrare ancora per quanto gli fosse possibile.
Ma calcolo male gli spazi.
In un secondo la terra che lo aveva sorretto fino a quel momento venne meno, e a nulla valse lo sforzo che fece istintivamente di tentare di aggrapparsi a qualcosa.
Stava cadendo.
Ebbe solo il tempo di chiudere gli occhi e di versare una singola lacrima per la sua vita che stava per concludersi in quello sciocco modo.
E poi fu nero.
“Per lo stesso motivo per cui tu respiri immaginiamo”.
Motaro aprì gli occhi stupefatto, era vivo, in qualche modo era sopravvissuto a quell’altezza fatale. Tentò di alzarsi ma si rese subito conto di essere già in piedi, sospeso in una strana luce bluastra che lo avvolgeva e che lo scaldava amorevolmente con il caldo abbraccio di sua madre.
“Hai mentito, hai rotto tu quel vaso”
L’uomo cercò di capire da che parte provenisse quella voce accogliente ma innaturale, che non poteva certamente provenire da una bocca umana.
“Siamo qui con te, siamo attorno a te, noi siamo una scaglia”
“Non penso che abbia capito, dovremo spiegare”
Ora le voci sembravano due, anche se assomigliavano più ad un’ unica entità che conversava con se stessa. L’uomo allora provò a chiedere:
“Che succede? Dove sono?”
“Non ti preoccupare, ci penseremo noi”
“Sei caduto da lassù, dove camminano quelli come te, ma ti abbiamo preso noi”
“Sei stato fortunato, abbiamo visto la tua morte e non sarebbe stata piacevole”
“Ci hai cercati, eccoci, noi siamo la luce”
Motaro, stordito, aggiunse:
“Dove siete?”
“Siamo qui con te, siamo attorno a te, noi siamo una scaglia”
“Quello che tu definisci luce ci rappresenta, siamo sempre stati qui da quel che possiamo vedere”
“Ma non possiamo vedere tutto”
“Oh no, questo no.”
“Per via dell nostro essere.”
L’uomo, sempre più confuso disse:
“Perchè siete così confusionari, non vi comprendo, non potete parlare chiaramente?”
“Purtroppo no, per via dell nostro essere.”
“Esistiamo contemporaneamente in ogni tempo e luogo ed i ogni realtà”
“Stiamo rispondendo alle tue domande nell’ordine in cui ci vengono presentate, che non è quello con cui tu le poni”
“Ho paura di no”
“Siamo una cosa del passato dimenticata da tutti, una scaglia della vera creazione”
Motaro era sempre più incuriosito da questa creatura così affascinante
“Ma com’è possibile che qualcuno come voi esista?”
“Per lo stesso motivo per cui tu respiri immaginiamo, è così e basta”.
“Certe risposte non sono alla tua portata.”
“Possiamo riportarti su, certamente.”
Prima ancora che venisse posta la domanda che stava per nascere dalle labbra dell’uomo la scaglia prese a muoversi, la luce cominciò a pulsare in maniera soave, con lo stesso ritmo delle onde del mare.
“Non ti preoccupare, ci penseremo noi”
Lentamente la presenza intorno a Motaro si dissolse, ed egli potè cominciare a vedere il mondo che lo circondava, non si trovava più su quel baratro, ma fuori all’aperto, e la gioia gli riempì il cuore quando riconobbe la sua città in lontananza.
“Grazie!”
Disse, ma ora la luce se ne era andata completamente, e cominciò a sentirsi solo, poichè sapeva che non avrebbe mai più provato quella meravigliosa sensazione.
Fino alla sua morte continuò a cercare quella fievole luce blu, e la leggenda vuole che solo col suo ultimo respiro ebbe la pace, esclamando le parole:
“Sì, siete proprio voi”
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