L'arrivo della morte Myth in Terre Interne | World Anvil
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L'arrivo della morte

In era antica esisteva un regno governato da un buon re, che si preoccupava di tutti i suoi cavalieri e dei suoi sudditi, la leggenda voleva che lì il tempo sembrasse immobile e la morte non toccasse mai nessuno. Un giorno presso la sua corte si presentò un viandante avvolto il un lungo mantello che gli copriva anche il volto tramite un cappuccio. Chiesa e concessa l’udienza con il sovrano si presentò umilmente presso la sua corte, vestito di stracci in mezzo ad una sala ricoperta di ogni meraviglia che l’uomo possa immaginare. “Ordunque, chi sei tu che chiedi udienza?” Chiese il re. L’uomo si tolse il cappuccio rivelando il volto di una giovane persona con i capelli biondi tagliati ad altezza spalle, due profondi occhi neri in cui sembrava riflettersi tutto il firmamento e dai lineamenti talmente androgeni che non era chiaro a nessuno se fosse un uomo oppure una donna. “Eccomi” disse “Io sono la morte, e porto a voi i miei doni. Porto l’appassire della vita, porto le malattie e le pestilenze, porto il tempo che eroderà ogni cosa, e tutto questo lo dono a voi.” Tutti i presenti rimasero scioccati da queste parole, normalmente un individuo del genere sarebbe sarebbe stato dai più messo in dubbio se non addirittura deriso per le sue affermazioni, ma qualcosa nel suo aspetto e nel suo atteggiamento ordinava riverenza ed assoluta fedeltà, talmente tanto che tutti lo presero sul serio. Prima che qualcuno potesse dire qualcosa il viandante si nascose nuovamente sotto l’abito e lasciò la sala. Quella stessa notte, in una delle case più lontane del regno, un uomo che ormai della vita aveva visto tutto e da cui non voleva più nulla si spense nel suo letto circondato dall’amore di tutti i suoi famigliari. Tutti si agitarono additando la “maledizione del viandante” come causa della sua scomparsa. Il giorno dopo fu la volta di una madre di famiglia, che cadde in un crepaccio mentre inseguiva una capra avventuratasi un poco più in la. A lei seguirono molte altre persone, che ogni giorno, per un motivo o per l’altro, incontravano la loro fine ultima. Nel regno giunsero maghi e stregoni da ogni dove, che imposero le loro arti con ogni mezzo senza successo, si cercò riparo nella preghiera, che aiutava sicuramente l’anima ad accettare il proprio destino ma poteva nulla nell’eliminarlo. Allora la gente cominciò ad odiarsi ed ad additarsi l’un l’altro come colpevoli, aumentando di molto le file di coloro che ogni giorno morivano. Questo andò avanti per una serie innumerevoli di anni, fino a quando non rimase solo un anziano re, seduto ormai privo di forze su un trono in mezzo ad una sala vuota dove ormai non entrava più nessuno da tempo. Una notte, quando il monarca stava per assopirsi su quell’enorme schienale, riconobbe davanti a lui una figura che aveva cercato in lungo e largo senza mai trovare: il viandante. “Sei rimasto solo tu” disse la figura “il re senza popolo che continua il suo dovere da regnante. Dopo di te non rimarrà più nulla, ed io eroderò queste mure e queste terre fino a che non rimarrà che sabbia di voi, e nessuno conoscerà il vostro nome.” “Perchè mi odi così tanto? Perchè ci provochi questo dolore?” “Io vi ho donato la vita, vi ho donato lo scorrere del tempo, tutte cose che non avrebbero senso senza una fine. Avete passato tutta la vostra esistenza addossandomi la colpa della vostra morte, cercando di posporla in ogni modo possibile, quando ciò non è possibile. Io regno indisturbata su ogni cosa, e non potrò mai mancare nella vita di nessuno. Voi avreste dovuto cercare di passare ciò che siete, lasciare un solco talmente ampio e forte che nemmeno io avrei potuto far nulla, urlare il vostro nome nelle correnti del tempo affinché le generazioni future lo avessero potuto cogliere e stringere con fierezza. Non è in funzione di me che devi vivere, ma per i tuoi figli e per coloro che saranno dopo.” Allora il re pianse ripensando a tutte le brave persone che conosceva e che sarebbero state per sempre lasciate in disparte nella storia del mondo, allora la morte lo guardò e disse: “Non ti preoccupare, ora vedo le tue intenzioni e ciò mi basta, tu vivrai per sempre nelle storie e nel mito. Non posso assicurarti che verrai ricordato perfettamente, ma la gente saprà sempre la leggenda del re buono che rimase fino alla fine a servire il suo popolo, ecco, questo è il mio ultimo dono: il racconto.”   Leggenda “del re buono” che racconta le gesta di un araldo di Irtamal’hal Gli araldi sono creature del mito, emissari dei poteri degli dei ne sarebbero le incarnazione terrena.

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